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Roma, tutto pronto per l'addio alle cabine telefoniche: è l'ora della pensione

Alessio Buzzelli
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Dopo settantuno anni di glorioso servizio, per le cabine telefoniche sembra sia giunto il momento di andare in pensione per sempre. Pochi giorni fa, la Tim ha infatti ricevuto l’autorizzazione ufficiale da parte dell’Agcom per dare il via alla totale e definitiva rimozione delle oltre 30 mila postazioni di telefonia pubblica tuttora presenti sul territorio italiano. Perché, anche se ormai nessuno ci fa più caso, le cabine telefoniche, nonostante tutto, sono ancora tra noi, con la loro cornetta rossa e i pulsanti consumati, sempre pronte, a dispetto del tempo che passa, a fare quello per cui sono state progettate. Solo a Roma, per fare un esempio, ne resistono quasi mille - tra quelle cabinate, più classiche, e quelle più “moderne” col cupolino -, sparse qua e là negli angoli della Città, molte delle quali perfettamente funzionanti. Ma, nonostante la a dir poco sorprendente resilienza dimostrata finora, il loro destino, questa volta, sembra davvero segnato: con il via libera dell’Autorità per le Telecomunicazioni, in virtù della quale Tim viene sollevato dall’obbligo di garantire il servizio pubblico, il processo di dismissione pare ormai essere inevitabile.

 

 

Dismissione i cui tempi e modi sono tuttavia ancora in fase di definizione, come confermatoci dalla stessa Tim nella giornata di ieri; di sicuro, al momento, sappiamo solo che si tratterà di un processo graduale e che la società di telecomunicazioni non sarà più tenuta a rispettare alcun criterio di distribuzione delle postazioni stradali sul territorio nazionale, come invece accadeva fino a ieri. A salvarsi dallo spietato rastrellamento dovrebbero essere solo i telefoni pubblici ancora presenti negli ospedali con almeno 10 posti letto e nelle caserme e nelle carceri con almeno 50 occupanti stabili (in ragione della loro «rilevanza sociale»), a cui si dovrebbero aggiungere quelli che si trovano in luoghi privi di copertura della rete mobile (come per esempio nei rifugi di montagna). Tale processo di smantellamento senza dubbio richiederà molto tempo, dato che oggi in Italia le gloriose cabine sono ancora in tutto circa 35 mila (16 mila situate in strada, 15 mila in esercizi commerciali e 4 mila nei pressi di luoghi ad alta frequentazione, come ospedali, scuole e caserme), di cui la metà, più o meno 18 mila, sono ancora attive.

 

 

Niente a che vedere con le 300 mila postazioni complessive del 2001, anno in cui l’arrivo dei primi cellulari ne segnò l’inizio della fine, o con le 130 mila del 2009, quando per la prima volta l’Agcom diede l’autorizzazione al primo progetto di dismissioni proposto allora da Telecom, chiedendo però alla società di continuare comunque a garantire determinati standard qualitativi e quantitativi. In realtà, il vero colpo di grazia al il glorioso telefono pubblico sarà inferto - manco a dirlo - dall’UE giusto 10 anni dopo, con il «Codice europeo per le comunicazioni elettroniche», in virtù del quale la telefonia pubblica passerà dall’essere un «servizio universale» ad essere un «servizio ridondante». Eppure, a dispetto di chi le voleva estinte già 20 anni fa, le vecchie cabine hanno resistito finché hanno potuto, e forse ben oltre le più rosee previsioni. Ora, però, siamo ai titoli di coda: non ci resta che scattargli qualche foto prima che spariscano del tutto, magari per raccontare ai nostri nipoti come si telefonava tanto tempo fa.

 

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