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Roma, al Sant' Eugenio insetti nell'insalata dei pazienti

Antonio Sbraga
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Insalata con insetto per contorno nel piatto sigillato servito ai degenti del Sant' Eugenio. L'ospedale rivive un nuovo caso da "cucina da incubo" 14 mesi dopo il sequestro dei locali di preparazione dei pasti da parte dei carabinieri del Nas. Stavolta è stato il movimento dell'insetto ancora vivo, ma prigioniero nel piatto incellofanato, a far scattare l'allarme.

Ma non sembra un caso isolato, perché il sindacato Fials, infatti, denuncia vari «reclami sui pasti distribuiti ai pazienti e dichiarati non commestibili». E ora, «dopo ripetute segnalazioni ci troviamo costretti a reiterare il disagio», i segretari aziendale e territoriale Fials, Emilia Patrella e Giacomo Milesi, scrivono all'Asl Roma 2 mostrando anche questo video realizzato «su alimenti serviti ai pazienti di codesta azienda con animali presenti nel pasto». Già nell'ottobre 2021 nella cucina del Sant' Eugenio i Nas riscontrarono «gravi non conformità che determinavano l'adozione da parte dell'Asl competente del provvedimento di sospensione temporanea delle attività di confezionamento e sporzionamento dei pasti, successivamente assicurate da altro punto cottura autorizzato». E l'Asl Roma 2 allora assicurò: «a breve saranno riaperti i locali della mensa mentre la preparazione dei cibi all'interno del Sant' Eugenio avverrà al termine dei lavori di ristrutturazione». Però, 14 mesi dopo, i «lavori di istrutturazione cucina e riqualificazione della mensa dipendenti del Sant' Eugenio», aggiudicati nell'ottobre scorso per un milione e 157 mila euro, ancora non partono. Il Tempo ha provato a chiedere spiegazioni, ma l'azienda sanitaria non ha fornito risposte.

Neanche sul caso degli alimenti "con animali", confezionati all'esterno e distribuiti in ospedale dalla società appaltatrice che, nel febbraio 2021, si è aggiudicata il servizio-mensa per «l'importo complessivo quinquennale pari a 25.505.131 di euro». Però le proteste dilagano, anche dal Pronto soccorso dell'ospedale di piazzale dell'Umanesimo: «Hanno tenuto mio padre 65enne per ben 5 giorni su una barella, per nulla assistito nonostante sia un paziente oncologico terminale - denuncia Valentina - Era stato trasportato mercoledì scorso in codice rosso per una crisi epilettica, ma nelle 72 ore successive non siamo riusciti a parlare con un medico: non risponde nessuno e mio padre è rimasto senza contatti. Solo domenica, dopo quasi 4 giorni, hanno consentito a mia madre di poter entrare e assisterlo, mentre la legge 104 lo prevede al massimo dopo 12 ore. Lo ha trovato abbandonato, disidratato e con il pannolone sporco di 3 giorni. È indecente: abbiamo chiamato un'ambulanza privata per riportarcelo a casa».

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