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Ospedali, il virus chiude i bar: fatturati crollati e crisi per colpa del Covid

Antonio Sbraga
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L’effetto-Covid manda in codice rosso anche i bar del San Camillo-Forlanini: quello interno è chiuso dal giugno scorso e quello esterno chiuderà a fine mese. I divieti d’accesso negli ospedali che la pandemia ha imposto agli accompagnatori di pazienti e degenti fino alle rigide limitazioni ancora vigenti hanno fatto crollare i fatturati. Tant’è che è stata la stessa società concessionaria dei due bar ospedalieri a chiedere la risoluzione consensuale anticipata del contratto stipulato nel 2019. E, per riuscire ad azzerare la sua esposizione debitoria di 262 mila euro nei confronti dell’azienda ospedaliera per i canoni non pagati (risalenti fino al marzo 2020), la società si è detta «disponibile a cedere stigliature, attrezzature, arredi ed opere murarie realizzate nei due punti di ristoro a scomputo delle somme dovute». L’azienda ospedaliera ha accettato, avendo «l’interesse di riprendere possesso dei due punti di ristoro funzionanti e dotati di ogni arredo al fine di renderli operativi più agevolmente con altri operatori». Nel 2019 i due bar erano stati affidati in gestione per cinque anni per complessivi 42 mila euro al mese più iva. Però, si legge nell’accordo sottoscritto dalle due aziende, «dopo pochi mesi dall’inizio dell’esecuzione del contratto di concessione l’emergenza sanitaria» Covid ha portato al «divieto di accompagnamento dei pazienti presso le strutture ospedaliere», con «rigide restrizioni per l’accesso nei locali» bar. Ed una conseguente «brusca diminuzione del fatturato».

 

 

Talmente forte che «infruttuosi si sono rilevati gli sforzi per mantenere in vita l’efficacia del contratto», neanche «mediante una rimodulazione dei canoni concessori». Che sono stati in ogni caso più che dimezzati dopo la riparametrazione dei canoni arretrati «al fatturato documentato dall’Agenzia delle Entrate». Con il piano di rientro debitorio così formulato: 169 mila euro scomputati per la «cessione integrale all’azienda ospedaliera delle stigliature, arredi e opere murarie» e i restanti 92 mila euro da pagare in 18 rate mensili sino a fine 2022. Nel settembre scorso anche al San Giovanni-Addolorata l’azienda ospedaliera dovette accogliere la «istanza di revisione del canone concessorio» presentata dalla società che gestisce il servizio bar «a seguito della dichiarazione di stato emergenziale da pandemia da marzo all’agosto scorso, con una riduzione del 49% pari a 124 mila e 639 euro». E anche nell’ospedale più piccolo della provincia romana, a Subiaco, la società concessionaria ha chiuso il bar dal dicembre scorso (completamente ristrutturato nel 2019), però senza alcuna delibera in merito da parte dell’Asl Roma 5.

 

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