Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Roma, un poveraccio paga la gaffe della Raggi: Virginia scivola pure su Ciampi

Franco Bechis
  • a
  • a
  • a

Ma si, uno "sbalio" può capitare a tutti. Anche se è davvero brutto, come quello capitato ieri a Virginia Raggi che aveva invitato tutte le più alte autorità della Repubblica alla cerimonia di inaugurazione di una piazza di Roma dedicata a «Carlo Azelio Ciampi». Già, perché sul marmo proprio così era inciso il nome: "Azelio" invece che "Azeglio". Uno "sbalio", dunque. Imbarazzante, molto. Perché la targa con tanto di nome era coperta da un drappo giallorosso trasparente, che l'errore faceva comunque trasparire, ed avrebbe dovuto essere scoperta davanti non solo ai figli di Ciampi, Gabriella e Claudio. Ma anche di fronte al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai presidenti del Senato e della Camera, al prefetto di Roma, al comandante generale dell'arma dei Carabinieri, al governatore della Banca di Italia e a una lunga serie di personalità che non sto qui a citare perché l'elenco sarebbe lunghissimo. Quindi una figuraccia vera e propria, ingigantita dalla bugia subito fatta circolare sulla targa che non poteva essere scoperta perché chi l'aveva montata poco prima l'avrebbe maldestramente danneggiata (falso), e dalla rassicurazione fornita dalla sindaca alle varie autorità che sarebbe arrivata subito la targa sostitutiva con il nome corretto, cosa che invece non è avvenuta.

 

 

Quindi alla fine la grottesca cerimonia non ha scoperto nulla. Piccolo incidente, si dirà, rispetto ai tanti problemi di questa città. Vero, ma un fatto grottesco a cui è seguito qualcosa di anche peggio, che lo rende simbolico in questi tempi. Primo: di fronte alla figuraccia invece di ammettere l'incidente e scusarsi, è partito addirittura un contrattacco dalle fila dei fedelissimi della Raggi. Che con Paolo Ferrara - che fu capogruppo prima di qualche disavventura - ha addirittura ipotizzato il complotto: "Si avvicinano le elezioni", ha scritto su Facebook, "e ormai si inventano tutto per fermare Virginia Raggi. La targa con il nome sbagliato di Carlo Azeglio Ciampi non è un semplice errore. Vi sembra possibile? A me no". Ferrara è tipo eccentrico, lo conobbi nel 2016 a Palermo dove si svolgeva la festa annuale dei 5 stelle, e mi disse che dormiva su una barchetta affittata per quello al porto perché sulla terra ferma non si sentiva sicuro, quindi deve essere uno abituato a vedere la realtà al contrario. Il fatto è che al commento stravagante è seguita una immediata caccia al colpevole. E nel giro di un paio di ore è stato pure trovato, visto che stata fatta trapelare sulle agenzie stampa la notizia che si tratterebbe "di un dipendente capitolino dell'Ufficio gestione appalti di installazione e manutenzione targhe toponomastiche", che ora rischia "una sanzione disciplinare" e financo il trasferimento. Insomma, la figuraccia della Raggi viene fatta pagare all'ultimo dei poveracci, quello che magari avrà trasmesso male per telefono il nome a chi doveva scolpirlo sul travertino.

 

 

Non è manco così inusuale a Roma, dove nel linguaggio parlato dalla gente si deformano nomi e doppie come fa Osho nelle sue vignette sulla nostra prima pagina. E certo alla fine avrà pure sbagliato il poveraccio, l'ultimo in fondo alla catena delle responsabilità: capita, come accade a tutti noi tutti i giorni. Ma tra lui e la sindaca quante persone c'erano che avrebbero dovuto notare quell'errore e provvedere alla correzione, e non l'hanno fatto, magari perché manco se ne sono accorti? E a pagare deve essere l'ultima ruota del carro? Purtroppo questo sembra un malcostume nazionale, un andazzo che sta contagiando la classe dirigente del nostro paese senza distinzione di maglie, come stiamo vedendo dal malcostume anche del Movimento 5 stelle. C'è lo stesso criterio di giudizio nei fatti ben più gravi di questi giorni. Si guardi la tragedia del crollo del ponte Morandi: urla e strepiti per due anni con lo slogan "la faremo pagare ai Benetton", poi il risultato grazie a Danilo Toninelli & c che se ne gloriano pure è che tutti gli italiani sono costretti a pagare i Benetton, che si mettono in tasca direttamente 2,4 miliardi di euro. E a pagare poi per il crollo magari sarà un loro casellante.

Stessa piega sembra prendere l'inchiesta sulla strage della funivia del Mottarone: i freni della cabina erano stati disattivati per evitare di chiudere l'esercizio rinunciando agli incassi. Ma la posizione del titolare della società di gestione - l'unico che avrebbe avuto vantaggi da quella operazione - si è alleggerita molto e si sta andando a caccia di una responsabilità di manovali e operai che al massimo hanno obbedito a direttive che non erano in grado di discutere non capendone nulla o quasi. Sembra che di ogni male abbia responsabilità sempre e comunque un poveraccio. Comodo per coprire una classe dirigente forse fra le peggiori che abbia mai avuto l'Italia. Ma ingiusto, profondamente ingiusto. E le ingiustizie prima o poi si pagano.

 

Dai blog