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Francesco Testa: "Le entrate non bastano meglio chiudere il ristorante"

Massimiliano Vitelli
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«Non stiamo lavorando, converrebbe chiudere, le poche entrate non bastano più a sopravvivere» Francesco Testa, in arte culinaria Checco, lancia l’ennesimo allarme, che questa volta ha l’amaro sapore dell’ultimatum. Il proprietario di Checco dello Scapicollo, storico ristorante romano in via dei Genieri meta di tanti calciatori e personaggi famosi (qui ha pranzato anche il maestro Woody Allen) ci mette ancora una volta la faccia, consapevole che se le cose non cambieranno in fretta sarà un dramma.

«In queste settimane non arriviamo a contare più di quindici, massimo venticinque coperti. Le persone hanno paura di andare a mangiare nei ristoranti, le famiglie non vengono più nemmeno la domenica. Questo nonostante gli ampi spazi all’aperto dei quali disponiamo», continua Testa. Lo scorso maggio, nel pieno del primo, tragico, lockdown, Checco arrivò addirittura a consegnare simbolicamente le chiavi del suo locale alla sindaca Virginia Raggi che, pochi giorni fa, si è anche recata presso il ristorante per un confronto con lo storico ristoratore. Oggi Checco continua la sua battaglia, denunciando ancora il momento di profonda crisi in cui riversa la sua attività così come tante altre.

«Meglio chiudere che continuare ad andare avanti in questo modo», dichiara accusando anche un forte sentimento d'incertezza generalizzato e la mancanza dello spirito giusto per trovare il coraggio di proseguire nell’attività di ristorazione. Lo sconforto di queste parole trova eco anche nelle affermazioni successive dello stesso Testa riguardanti la drastica diminuzione dell’affluenza di clienti e la conseguente mancata richiesta di bevande e materie prime ai fornitori per non sprecare scorte di cibo che, senza clienti, andrebbero gettate. «Oltre che su di noi, questa situazione si ripercuote pesantemente su tutta la catena di distribuzione».

A pesare, sia economicamente sia psicologicamente, anche gli innumerevoli sforzi messi in campo finora per la costante sanificazione dei locali e per la gestione degli spazi con il distanziamento tra i tavoli al fine di rispettare tutte le regole imposte dai DPCM. «Abbiamo sostenuto delle spese ingenti per acquistare i funghi di riscaldamento da esterno, ma ora con il freddo e gli ulteriori provvedimenti da parte del Governo, non credo che tutto questo sarà servito a molto», dice con fermezza. Francesco Testa, insieme a molti altri ristoratori e proprietari di ristoranti, bar e pub, fa parte dell'associazione autonoma, apartitica e indipendente M.I.O. (Movimento Imprese e Ospitalità), nella quale circa 200 persone sono confluite in un gruppo di supporto e confronto, nato per superare il terribile primo lockdown. Su Telegram, questo numero sale a 800 utenti, lavoratori che si connettono tra loro, facendosi forza reciprocamente in un momento cui le attività rischiano di non sopravvivere, andando incontro a una chiusura definitiva.

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