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"Puzza" di camorra sulle mascherine della Regione Lazio: i pm chiedono 6 anni per il broker

Francesco Storace
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Decisamente una storia sempre più intricata quelle delle mascherine di Nicola Zingaretti. Con un risvolto paracamorristico che era stato abbondantemente denunciato alla Pisana e con interrogazioni da Chiara Colosimo, consigliere regionale di Fratelli d’Italia.

Ieri, grazie al lavoro da segugi del sito Etrurianews è rimbalzata la conferma delle preoccupazioni della Colosimo: la magistratura campana ha chiesto una condanna a 6 anni di carcere per Andrea Battaglia Monterisi, il broker che ha assicurato il 20 aprile scorso ben 14 milioni di acconto rilasciati dalla Regione Lazio alla Ecotech srl. E aggiunge l’esponente di Fdi: "Noi invece, siamo ancora in attesa di ricevere informazioni sull'evoluzione di questa vicenda" da parte della giunta Zingaretti.

Parliamo di Andrea Battaglia Monterisi, oggi residente a Londra, che rischia di finire in carcere per gravi accuse collegate al clan camorristico Pagnozzi.

Le accuse mosse dal pm della Dda di Napoli Maurizio Giordano erano di riciclaggio mediante il rilascio di polizze fideiussorie dei “proventi economici di attività delittuosa” al fine “di agevolare il clan camorristico Pagnozzi”. Fatti contestati nel 2010 dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli nei confronti di Andrea Battaglia Monterisi, titolare della Seguros Dhi-Atlas, la compagnia di assicurazioni dominicana, nota alle cronache per aver “assicurato” il congruo anticipo plurimilionario della regione Lazio alla società di lampadine Ecotech, per la fornitura di mascherine che stiamo ancora aspettando.

Adesso la parola passerà alle difese dei molti imputati nel processo, che dovranno concludere le loro discussioni il 20 novembre dopo di che i giudici dovranno emettere la sentenza.

Sul fronte mascherine fantasma vendute e mai consegnate alla Regione Lazio, ovviamente, non ci sono novità investigative.

Il che ha stupito molti, stante l’enorme quantità di dubbi mai chiariti – almeno pubblicamente – da parte della regione Lazio. La storia di mascherine acquistate con commesse a società operanti in bel altri attività ha suscitato rabbia e stupore in molti cittadini e negli osservatori. Tanto più che si fa passare l’amministrazione come parte lesa – ed è indubbio che la regione lo sia – ma senza ancora far capire chi sia stata la “talpa” interna all’ente per imbastire una truffa, o come la chiamano una “frode in pubbliche forniture”.

C’è la società strapagata; c’è il broker fasullo; ma pare che non ci sia nessuno nel palazzo della regione a dover rispondere di non essersi accorto del colossale imbroglio. E ora che c’è pure l’addentellato paracamorristico – che certo non si vuole attribuire all’istituzione – è da chiedere ancora più ragione, semmai, dei mancati controlli. E del perché non si sia risposto adeguatamente sul punto alla consigliera di Fratelli d’Italia. Ma alla fine tutto esce sempre fuori.

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