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Roma, incinta con il Covid spedita a casa: l'ospedale Umberto I la manda via

Antonio Sbraga
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Incinta di 34 settimane e positiva al tampone Covid, con febbre e tosse persistente, ha dovuto sorbirsi ben due andirivieni in ambulanza Velletri-Roma in meno di 24 ore prima di riuscire a trovare un posto letto in ospedale. Questa l’odissea vissuta da una 36enne di Velletri, «alla quale è stato inspiegabilmente rifiutato il ricovero martedì notte dal policlinico Umberto I», denuncia Chiara, la cognata della donna, poi ricoverata solo ieri sera intorno alle 20 al policlinico Gemelli. Dov’è stata trasportata dall’ambulanza del 118, che l’ha nuovamente prelevata dalla sua abitazione di Velletri appena 16 ore dopo il precedente ritorno a casa in piena notte dall’Umberto I. «Lì non l’hanno fatta neanche entrare al Pronto Soccorso - racconta la cognata - è dovuta rimanere oltre 2 ore all’interno dell’ambulanza.

E, nonostante la tosse sempre più persistente, non è stata sottoposta a una visita per il Covid, ma soltanto a quella ginecologica, ed è stata così rimandata a casa nel cuore della notte. Una cosa talmente inedita da aver generato un’accesa discussione tra la centrale dell’Ares 118 e i medici dell’Umberto I, che però non ne hanno proprio voluto sapere di ricoverare mia cognata». Ieri mattina la famiglia della donna ha iniziato a chiedere consulti e nel pomeriggio è finalmente arrivato a domicilio il medico per l’emergenza Covid: «Dopo la visita - prosegue Chiara - la dottoressa era talmente scandalizzata dal ricovero rifiutato nella notte precedente che ha voluto personalmente contattare la sala operativa dell’Ares 118, sollecitando l’immediata presa in carico di mia cognata, che fortunatamente ha trovato subito un posto letto al Gemelli».

La situazione della 36enne, madre di altri due bambini risultati lunedì scorso positivi al tampone, «è ora sotto controllo, ma sia lunedì che martedì non hanno mandato nessun medico a casa per visitarli - spiega la cognata - Ora speriamo che il tempo perduto per il ricovero rifiutato non incida sulle sue condizioni di positiva al Covid e sulla gestazione. I due bambini sono asintomatici, ma in quarantena insieme al padre, che fortunatamente non è risultato positivo. Anche la mia famiglia (abitiamo nella bifamiliare accanto), si è sottoposta a tampone: sono tutti risultati negativi. Però l’Asl, sbagliando, ci ha messo in quarantena anche a noi: abbiamo dovuto chiedere la revoca del provvedimento per essere liberi. Però ho scoperto che, ai fini lavorativi, la quarantena non possono nemmeno revocarla: la fiera dell’assurdo».

Come il caso della 36enne, sul quale il consigliere regionale Giancarlo Righini (FdI) ha chiesto l’intervento dell’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato: «D’Amato si defila, ma il braccio destro di Zingaretti in Pisana dovrà chiarire chi sono i medici responsabili dell’odissea vissuta dalla donna. Abbiamo chiesto copia della cartella clinica all’Umberto I». L’azienda ospedaliera, contattata da "Il Tempo", per ora preferisce non replicare.

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