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Operazione Jackpot, presa la banda rovina romani

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Presa la banda delle slot: a capo Salvatore Nicitra (già in carcere dal 2018), che per anni ha mandato sul lastrico migliaia di famiglie. I carabinieri hanno eseguito 38 misure cautelari

Andrea Ossino
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Una storia criminale che attraversa epoche differenti, racchiusa negli atti con cui i carabinieri di Roma hanno decapitato l'associazione di Salvatore Nicitra, «il controllore di tutta la criminalità di Roma-Nord» già in carcere dal 2018. Due anni di lavoro del pm Nadia Plastina si sono abbattuti sull'«ingegnere» e i 37 scagnozzi. Un'associazione a delinquere che con estorsioni e una frode telematica abbinata al gioco d'azzardo illegale godeva di capitali da riciclare e investire grazie a prestanome. Il tutto sacralizzato dall'aggravante mafiosa. Nicitra, la mamma Francesca Inguanta (classe 1939), la figlia, il figlioccio e l'attuale compagna. E poi nipoti e cugini. La famiglia criminale è caduta. Montespaccato, Aurelio, Primavalle, Cassia e Monte Mario. Il «Re di Roma Nord» si è evoluto restando attaccato alle radici. Dalle bische per la Banda della Magliana fino alle macchinette mangiasoldi imposte ai commercianti e necessarie a schermare un gioco d'azzardo illecito. Milioni riciclati in ristoranti di pregio. Capitali dirottati in Asia, puliti in Spagna, Austria, Francia. Investiti a Fuerteventura e in Croazia. O trasformati in lingotti d'oro. «La forza tua è il potere, la precisione dell'uomo d'onore», rivela un'intercettazione. Peculiarità del passato, di tempi narrati da pentiti già nel anni '90: «l'uomo di fiducia di Enrico De Pedis», dicono di lui Maurizio Abbatino e Antonino Mancini. Testimonianze che attraversano i tempi della Banda della Magliana e svelano 5 cold case. Sempre secondo le accuse. Ma c'era Nicitra dietro il crollo della cella che il 10 agosto del 1983 uccise Giampiero Caddeo, in un attentato scampato dall'acerrimo nemico Roberto Belardinelli. E poi nel 1988, a Primavalle, durante una sparatoria in cui vennero uccisi Franco Martinelli e Valerio Belardinelli, fratello di Roberto, mentre Franco Martinelli rimase ferito. Era «la lotta cruenta che in quegli anni ha portato l'organizzazione che fa capo a Nicitra a imporsi», scrivono gli inquirenti. Fatti di sangue che ne hanno caratterizzato la vita, non sempre vittoriosamente. Nel 1992 l'Italia era in apprensione per il sequestro del piccolo Farouk. E non badava al figlio di un boss scomparso insieme allo zio. Eppure era il primo caso di lupara bianca a Roma. Ha perso parenti, un figlio. In una guerra adesso superflua: «Non ho più bisogno di azioni violente, ormai sono rispettato da tutti», dice Nicita. I tempi sono cambiati: «Con l'età mi sono addolcito ma non ero così...dovevi abbassare la testa quando parlavi con me!». In molti ancora la abbassano: «Su Roma Nord (…) se metti un chiodo devi passà prima da me…», diceva. Tutti lo sapevano. «Hai presente “Il padrino”? (…) È un ex della banda della Magliana…gli hanno ammazzato un figlio e il fratello(…)Hai visto adesso hanno arrestato Carminati no? Quella cosa di Mafia Capitale(…) È amico del boss, il capo dei capi...Infatti sono venute duemila Volanti pure in sala da lui», diceva il sodale Federico Fantilli nel maggio 2014. Si rapportava con tutti i gruppi criminali e faceva il «paciere» nelle situazioni delicate. Nessuno lo aveva messo all'angolo: «Metto macchinette e slot machine dove voglio (…) e nessuno mi deve venì a rompe il ca..o a me». Le cose sono andate diversamente.

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