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Dopo la rivolta parlano i Rom: "Non ci trattate come un virus letale"

Najo Adzovic, delegato della comunità: "Calpestare il pane è come calpestare diritti e doveri della democrazia"

Mary Tagliazucchi
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La "guerriglia urbana" di due giorni fa a Torre Maura ha lasciato il segno. E non è solo quello dei roghi appiccati duranti gli scontri nella tarda serata di martedì scorso quando 200 residenti della zona sono scesi in strada a manifestare contro il trasferimento di alcuni rom in un centro di prima accoglienza. A supportarli sembra ci fossero anche dei militanti di Casapound. Danneggiamento, minacce aggravate dall'odio razziale sono attualmente i reati ipotizzati. L'ennesimo episodio che ha scosso fortemente la comunità rom presente nella Capitale che non si spiega tanta violenza contro chi, come donne e bambini, non è in grado di difendersi. Lo spiega attraverso una nota lo stesso Najo Adzovic, delegato della comunità rom e ora presidente dell'associazione "Nuova Vita – figli di uno stesso padre" di Roma: “Calpestare il pane è come calpestare tutti i diritti e tutti i doveri della democrazia, diritti e doveri di chi soffre la povertà e che porta alcuni politici ad innescare un certo tipo di meccanismi comunicativi che portano all'odio e al disprezzo per le vite umane e le famiglie. Alcuni manifestanti cittadini italianissimi, con precedenti penali per spaccio, rapine e reati gravi, diventano promotori di questi ideali che troppo potrebbero essere paragonati ad un modo di fare “mafioso” contro i Rom. Certo, loro proteggono il “loro” territorio, altri sono "Onorevoli", altri così detti “Boss” di quartiere – prosegue Adzovic – Quello che mi fa più rabbia è che sta passando un messaggio sbagliato come che i Rom siano al pari di un virus letale. Dove arrivano i Rom tutti hanno da dire qualcosa di male, tutti vogliono sterminarli, mandarli via...via più lontano possibile dalla civiltà...e invece non fanno indagini su chi strumentalizza i poveri al fine di scatenare una guerra tra loro“.

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