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Processo Raggi, la sindaca rischia grosso

Virginia Raggi

Il primo cittadino in bilico in caso di condanna: secondo il codice etico M5S dovrà lasciare il posto in Campidoglio

Silvia Sfregola
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Manca poco alla sentenza che deciderà il futuro politico di Virginia Raggi e le sorti del Campidoglio, che, in caso di condanna, sabato potrebbe ritrovarsi senza sindaco. Raggi è a processo con l'accusa di falso per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, a capo della Direzione turismo e se la Corte la giudicasse colpevole, codice etico pentastellato alla mano, dovrebbe dimettersi seduta stante. La prima cittadina è finita alla sbarra per aver dichiarato alla responsabile anticorruzione del Campidoglio di aver deciso, lei sola, ogni dettaglio della nomina in questione, circostanza, secondo la procura, smentita dalle conversazioni via chat in cui rimproverò, a posteriori, Raffaele Marra per la posizione e la nuova fascia di compenso del fratello. In aula la prima cittadina ha ribadito che il suo ex braccio destro "ebbe un ruolo meramente compilativo, limitandosi a firmare l'atto" di nomina. Ma secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Raffaele Marra è stato, durante tutto il periodo dell'interpello per le 140 nomine dirigenziali (che comprendevano quella del fratello), il punto di riferimento per presidenti di municipi, assessori, uffici tecnici e per la stessa Raggi: a lui si rivolgeva chiunque avesse un dubbio sul mettere una persona in un determinato ruolo e per settimane, sui profili mail, telegram e whatsapp dell'ex finanziere arrivarono richieste su nuovi incarichi e riconferme, cui fecero seguito calorosi ringraziamenti per gli incarichi accordati. La sindaca a lui si rivolse per sciogliere ogni nodo delle 140 nomine da decidere, e quando la scelta di Renato Marra fece scoppiare la polemica, proprio al fratello Raffaele chiese conto di quanto successo. "Sapevi bene che avrei subito attacchi e non mi dici nulla?" Lo attaccò Raggi con un messaggio su Telegram, dopo le critiche nate dall'aumento di stipendio ottenuto da Renato Marra a seguito della promozione. Lui, che per la stessa nomina è accusato di abuso d'ufficio, le rispose che lo stipendio in questione era identico a quello che il fratello, vigile urbano, avrebbe avuto se fosse stato promosso a vice comandante della polizia locale (altra posizione cui aspirava ndr), e lei a quel punto lo gelò: "Infatti avevamo detto vice no". A tre giorni dalla sentenza Raggi, e chi le è più vicino, evita l'argomento processo. Lei ringrazia su Twitter i concittadini per i messaggi di "affetto, supporto e stima" ricevuti: "So che molti di voi si sono dati appuntamento in Campidoglio per il 9 novembre - dice in un video -. Si tratta di un gesto pieno di affetto ma non ritengo sia opportuno". Ma nonostante l'apparente serenità della sindaca, a Palazzo Senatorio, e non solo lì, il giorno del giudizio agita i sonni di un bel pezzo di Movimento.

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