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"Cinque anni e non so cosa ho fatto. Ma non smetterò di combattere"

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Andrea Tassone

L'ex minisindaco di Ostia: "Mi hanno accusato di qualsiasi cosa"

Silvia Mancinelli
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“Da tre anni e mezzo vivo in un incubo. Sono entrati in casa mia alle 4 di notte, mi hanno arrestato per ragioni che ancora oggi non sono state dimostrate. Mi hanno licenziato da Acea in base a un contratto diverso. Sono finito a processo per una persona caduta in una buca, per aver chiesto di non fare i controlli nei giardini storici. Sembra che sia presidente, direttore, usciere, facchino: hanno fatto cadere tutte le responsabilità su di me, senza considerare che non avrei potuto nemmeno compiere i reati che mi vengono contestati, semplicemente perché non ne avevo l'autorità”. Per la prima volta da quando è finito nel calderone di Mafia Capitale, il 4 giugno 2015, Andrea Tassone, ex minisindaco di Ostia, racconta la sua verità all'indomani della sentenza d'appello che ha confermato i 5 anni di condanna e l'interdizione a vita dai pubblici uffici. I magistrati, di fatto, la dipingono come un burattino nelle mani del re delle coop. “Sono stato accusato della rivendicazione delle spiagge e di aver dato informazioni riservate a Salvatore Buzzi. Accuse entrambe cadute, una errata una senza prove. Sostengono che io abbia garantito, ma come avrei potuto farlo senza il concorso necessario? Vorrei capire nelle motivazioni che usciranno a dicembre come hanno fatto a configurare il reato di 319 del codice di procedura penale, confermato in sede di appello. Io ho solo danneggiato Buzzi, convinto di metter mano su un bando da un milione di euro. Ho sottoscritto una missiva pensata e redatta dall'allora direttore del X municipio, Claudio Saccotelli, dove si proponeva un risparmio di circa 650mila euro. Ho firmato quella lettera, firmando il mio inferno”... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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