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Spinta sotto la metro, parla la madre di Igor: "Lui non c'entra niente. Prende sempre il primo vagone"

Silvia Mancinelli
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«Mio figlio è stato messo in mezzo. È un capro espiatorio perché psicolabile e incapace di difendersi». Enia Morra, mamma di Igor Trotta, è una donna con una tempra d'acciaio, fiera della sua militanza in politica nelle fila del Pd, eppure devastata per il suo «bambino» che dorme ancora con lei e che si fa accompagnare in bagno. Sessantacinque anni e i vestiti logori di chi ha venduto tutto per curare il figlio in difficoltà, non si dà pace ed è convinta che lui, con la spinta nella metro, non c'entri nulla. Signora, perché non crede alla colpevolezza di suo figlio? «Innanzitutto perché aveva l'abitudine di prendere la metro al primo vagone, quindi già la posizione non è la stessa dove si trovava il responsabile. Stamattina (ieri ndr) sono stata alla stazione dove ho lavorato per 21 anni e dove mi conoscono benissimo. Era pieno di giacchetti rossi... E poi Igor non è violento e non sarebbe scappato». Ma nel video secondo i poliziotti, si vede suo figlio che spinge la vittima. «Non c'è nessun video, ha detto l' avvocato, Igor non si vede». Igor è in cura per i problemi psichici? «Certo, anche venerdì ha fatto la terapia al centro di salute mentale del Sant' Eugenio, dove più volte è stato ricoverato. Igor pregava tanto. Voleva solo andare in Vaticano, incontrare il Santo Padre per una benedizione. Era convinto che fosse la soluzione al suo male. Più di una volta mi hanno chiamato le guardie svizzere, dicendo che Igor era lì e che chiedeva del Papa. Qui lo conoscono tutti, quando stava bene e adesso...» C'è stato uno spartiacque, quindi, tra il vecchio e il nuovo Igor? «Nel '91, era un venerdì pomeriggio. È entrato a casa come un pazzo scatenato, ha iniziato a bestemmiare, non capivo, mi sono messa le mani nei capelli ho iniziato a chiamare tutti. Non riuscivamo a fermarlo, cominciava a spogliarsi, urlava frasi sconclusionate con Gesù Cristo». Era con lui quando è stato fermato? «Sì. Sono venuti alle 19,15, senza un mandato di arresto, e mi hanno detto di andare in un' altra stanza. Igor mi chiamava, mi guardava. Gridavano, volevano il giacchetto rosso. Lui gli ha risposto che lo aveva buttato e lo hanno cercato nei cassonetti. Una volta in Questura gli hanno dato il benvenuto con "Ecco, è arrivato un altro matto" e io mi sentivo un verme. Da allora non l'ho più visto. Fino alle 22,30 non mi hanno detto niente, solo che era grave. Ho paura che si ammazzi, lui da solo non ce la fa. Mi chiedeva sempre: "Ma quando muori, io che faccio? Mi rinchiudono?" Temo che non gli diano i farmaci giusti». Alla donna peruviana, tuttora in gravi condizioni, ha pensato? «Appena possibile andrò a trovarla».

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