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"Se non paga lo ammazzo". Usura con metodo mafioso, 17 arresti a Roma

Andrea Ossino
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"Ci devono pagare lo strozzo... sto aspettando... mi metto sulla moto e lo butto di sotto... tocca ammazzarlo!". È una "struttura dall'elevato livello criminale" quella sgominata alle prime luci dell'alba dagli uomini del G.I.C.O. della Guardia di finanza. Un'organizzazione importante che vede una "commistione tra gruppi di criminalità autoctoni già presenti a Roma - afferma il procuratore aggiunto Michele Prestipino - con pezzi di organizzazioni di tipo mafioso che da tempo si sono stabilizzati nella capitale". Sono 17 le ordinanze di custodia cautelare (13 in carcere e 4 ai domiciliari) eseguite dagli uomini del Nucleo tributario. Cinquanta gli indagati. Liberi professionisti, un avvocato, funzionari bancari, due finanzieri, un consulente del lavoro e criminali abituali: a vario titolo facevano parte, secondo gli inquirenti, di un'associazione a delinquere dedita all'usura, all'estorsione e all'abusivismo finanziario. Il bottino ottenuto illecitamente veniva reimpiegato e riciclato. Alcuni indagati potevano godere anche dell'aiuto di due finanzieri. Due militari smascherati dai loro stessi colleghi che mi hanno condotti agli arresti domiciliari con l'accusa di accesso abusivo al sistema informativo. "Nel terreno del recupero crediti - ha continuato l'Aggiunto Prestipino - vi erano relazioni con gruppi calabresi e napoletani". Uno scambio di utilità criminali. E così non poteva mancare il metodo mafioso, quella forza intimidatrice esercita sulle vittime dell'usura e il conseguente assoggettamento. Le intercettazioni hanno consentito di documentare che un noto rivenditore di auto della Capitale si sarebbe riferito a soggetti dall'elevata caratura criminale per recuperare i crediti vantati e per far riconoscere il loro ruolo e al contempo assicurarsi un'adeguata protezione. Tra i referenti spunterebbe infatti anche Michele Senese, già noto alle cronache. I 300 finanzieri impegnati in 75 diverse perquisizioni hanno sequestrato oltre 16 milioni di euro e rinvenuto un "libro mastro" in cui erano annotati i bilanci: 120 chili di sostanza stupefacente, ad esempio, avevano fruttato 6 milioni di euro.

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