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Sfottò ultras e manichini contro la Roma, s'indaga per minacce

Nel mirino lo striscione al Colosseo e le bambole impiccate e appesi al ponte. La procura ipotizza la volontà di intimidire Salah, De Rossi e Nainggolan

Andrea Ossino
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Minacce. Trascorsi 5 giorni dalla vicenda dei quattro manichini giallorossi impiccati sul ponte pedonale di via degli Annibaldi, la procura di Roma ha aperto un fascicolo sull'accaduto. Non si procederà per il reato di procurato allarme, come inizialmente ipotizzato dagli uomini della Digos, ma per minacce. Un reato che sarebbe stato commesso contro i tre giocatori della Roma che giovedì scorso erano stati costretti a vedere penzolare dalla passerella adiacente al Colosseo le maglie che indossano in campo ogni domenica. Salah, Nainggolan e De Rossi non avranno vissuto momenti sereni osservando quei manichini impiccati sotto uno striscione che recitava: «Un consiglio senza offesa, dormite con la luce accesa». Ma gli ultras non ci stanno: «Meravigliati e stupiti da tanta ottusità, dal sensazionalismo misto all'allarmismo che anima il giornalismo italiano». Così si erano definiti i protagonisti del gesto, rivendicato dopo alcune ore dagli ultras della Curva Nord della Lazio. E ancora: «Nessuna minaccia a nessun giocatore della Roma, le bambole gonfiabili, rappresentano una metafora che vuole rimarcare lo stato depressivo in cui versano i tifosi e i giocatori dell'altra sponda del Tevere. Si tratta della continuazione e non della fine, di un sano sfottò che si protrae già da tre derby». I tifosi si riferivano anche alla dialettica vista durante l'ultima sfida tra Roma e Lazio, quando in Curva Nord era apparso uno striscione: «Arrivederci al prossimo incubo». Evidentemente gli ultras della Roma erano... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI 

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