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Il Palazzo papale di Castel Gandolfo diventa un museo

L'ingresso del palazzo papale di Castel Gandolfo

Paola Pariset
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Le aurore che sul lago di Albano rendono rosee le paraste e le lesene della facciata berniniana, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, da oggi sorgeranno per la delizia degli occhi di tutto il mondo. Il Palazzo, creazione di artisti chiamati da tanti pontefici durante circa sei secoli come residenza estiva, per volontà di Papa Francesco è ora reso museo pubblico. La cerimonia di inaugurazione è avvenuta ieri, nel vasto cortile del Palazzo, alla presenza del Direttore dei (che lo gestirà), del Direttore delle Ville Pontificie Osvaldo Gianoli e del Curatore delle Collezioni Storiche dei Musei Pontifici Sandro Barbagallo. Solo adesso lo stupendo appartamento, cui quasi ogni papa apportò miglioramenti architettonici e artistici, è visitabile nella parte più segreta e carica di significato e storia: quella privata. Dopo il Salone degli Svizzeri dove la Guardia Papale vegliava 24 ore su 24 dal 1506, le camere sfilano rettilinee come nelle Gallerie dei Musei Vaticani, che ne sono il modello. Chiarissime, luminose, geometriche – per gli interventi di Papa Ratti negli anni '30 – si impreziosiscono di opere d'arte di Pier Leone Ghezzi, del Reni, del Veronese, dell'Algardi, del Dolci, del Murillo. Su tutto, un nitore assoluto, una perfezione della cura e della manutenzione, una giovinezza eterna, che invera le parole del Papa Francesco: «I musei debbono diventare sempre più il luogo del bello e dell'accoglienza. Sempre più uno strumento di pace». Questo Palazzo che oggi diviene pubblico museo, ha resistito ai danni delle milizie napoleoniche che vi si acquartierarono, e ha resistito anche alla terribile seconda guerra mondiale, quando con l'arrivo degli Alleati nel 1944, i Colli Albani divennero luogo di battaglia. Forse non tutti sanno che Papa Pio XII aprì le Ville, extraterritoriali quindi più sicure, dove la popolazione locale si riversava cercandovi rifugio. E i «figli del Papa» chi erano? Erano i 40 bambini nati dalle partorienti del 1944, che Pio XII accolse nel Palazzo Apostolico, mettendo loro a disposizione il proprio letto. Sì, quello che oggi vediamo, semplice nella sua coperta color ambra, nelle due sedioline col mini-tavolinetto, che certo nell'emergenza sparirono: non sparì la scrivania per i medicinali, le fasce, gli strumenti. Ma in questa stanza si morì anche: vi si spense Pio XII nel 1958, vi chiuse gli occhi Paolo VI, mentre Benedetto XVI amò questa residenza e vi trascorse calde estati, anche dopo aver rinunciato al mandato pontificio. Ma non vi si è mai fermato Papa Francesco. «Nessuno si meravigli se egli oggi non è qui – precisa il direttore Gianoli – Sopraffatto dalle cure pastorali, Egli non ha potuto presenziare: del resto tanti altri pontefici non hanno praticato il Palazzo. Urbano VIII, che lo volle dall'architetto Maderno (sui resti di una villa di Domiziano, che a sua volta sorgeva sull'acropoli della mitica Alba Longa), non vi venne mai, come invece fecero Alessandro VII, Benedetto XIV e Clemente XIV. Perciò l'assenza di Papa Francesco rientra nella normalità». Così afferma il Direttore delle Ville Pontificie. Chissà se il concerto che è seguito alla visita, tenuto dalle otto musiciste della Guangzhou Opera Cinese, rientra negli scopi di fratellanza di Papa Francesco: infatti durante il concerto il pittore, incisore e grafico Cui Zino (dottore in Storia dell'Arte e Presidente dell'Associazione Calligrafi) ha disegnato in bianconero lettere e diagrammi, unendo idealmente musica e arte. Forse. E lo splendore, la bellezza assoluta del neo-museo, a contatto col grande pubblico? Risponde il curatore Sandro Barbagallo: «Se anche questa bellezza non si manterrà tale, sarà valsa la pena di avere aperto al pubblico uno spazio di opere d'arte, di storia e di nuova conoscenza». Così rispose Riccardo Muti a chi lamentava l'acustica di S.Paolo fuori leMura: «L'acustica non è buona, ma la musica in un tale luogo sì».

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