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Ecco le nuove baby squillo romane

Prostituzione minorile

Andrea Ossino
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Ci risiamo: due ragazzine romane di sedici anni hanno venduto i loro corpi al miglior offerente, sfruttate da persone che potrebbero avere l'età dei loro padri. Dopo lo scandalo delle baby squillo, le due adolescenti che si prostituivano in viale Parioli, la storia si ripete: la vita di due minorenni è stata mercificata per appagare gli appetiti sessuali perversi di illustri professionisti romani. É un'inchiesta lunga e difficile, quella che il sostituto procuratore Silvia Santucci ha appena concluso. Sono quattro le persone iscritte sul registro degli indagati. Tutti uomini. Perché, differentemente dalle ragazzine di viale Parioli, in questo caso i genitori erano completamente all'oscuro di ciò che accadeva. Nel capo di imputazione si leggono due reati, pesanti come macigni, contestati a vario titolo ai quattro indagati: «sfruttamento della prostituzione minorile» e «atti sessuali con minori». Era l'estate del 2014 quando gli inquirenti sono stati allertati. Alla fine di giugno un anziano signore aveva voluto riferire alle forze dell'ordine ciò che quotidianamente accadeva proprio davanti ai suoi occhi. Alle porte di Roma, ogni giorno, l'uomo vedeva due ragazzine che uscivano dall'appartamento antistante al suo. Vestite in abiti succinti, truccate pesantemente e con i tacchi alti, le adolescenti uscivano dall'appartamento a qualsiasi ora del giorno e della notte. Una volta giunte in strada, salivano a bordo di automobili e si allontanavano. Certe volte le macchine accostavano in parcheggi bui, in vie desolate o in viali ombrosi. Altre volte si fermavano in diverse zone della Città Eterna, dal centro storico fino alle periferie o ai paesi limitrofi. A quel punto le due sedicenni scendevano, per poi entrare nei diversi condomini. Facoltosi professionisti romani erano pronti ad accoglierle nei loro letti. Il sistema utilizzato era semplice. Per gli sfruttatori, che in un caso avrebbero avuto anche rapporti con una delle due vittime, bastava pubblicizzare le ragazze come «merce», come se si trattasse di un qualsiasi oggetto acquistabile su internet. Ai clienti non restava che comporre un numero di telefono, indicare la via e attendere che la minorenne, da sola o in compagnia dell'amica, arrivasse per soddisfare le perversioni sessuali di orchi, uomini capaci di consumare rapporti con ragazzine che potevano avere la stessa età delle loro figlie. Le ragazzine vendevano il loro corpo. Una parte dei soldi guadagnati finivano nelle tasche dei 4 adulti, il cui nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Qualcuno, infatti, organizzava «il giro». Altri si limitavano ad accompagnarle nelle abitazioni dei clienti. I genitori erano all'oscuro di tutto. Non potevano immaginare che le loro figlie, le stesse «bambine» che la mattina avevano accompagnato fino al cancello della scuola, fossero state date in pasto a un mondo perverso, una realtà che non si ferma neanche davanti alla fanciullezza. Ingenue e figlie di una società dove uno smartphone conta più della propria dignità, del proprio corpo, le due vittime non capivano fino in fondo cosa stessero facendo. Nelle loro menti stavano solo «trasgredendo le regole» per comprare l'ultimo iPhone, un nuovo computer, un rossetto o un vestito all'ultima moda. I genitori, forse sbadati, non si erano insospettiti particolarmente quando avevano visto le loro figlie indossare abiti e oggetti che fino al giorno prima non avevano. Era bastata una scusa per depistare le famiglie (composte da onesti e dignitosi lavoratori romani) ed evitare domande che avrebbero potuto alzare il sipario su quel mondo perverso. Ma alla procura di Roma, agli uomini e alle donne del pool guidato dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, non è sfuggito nulla. Dopo la denuncia dell'anziano sono scattati i pedinamenti e le intercettazioni. Ancora una volta gli inquirenti hanno dovuto portare alla luce una realtà sconcertante, anche se in questo caso non sono scattati gli arresti. Davanti ai magistrati di piazzale Clodio, le due vittime hanno assunto posizioni diametralmente opposte. Una infatti ha raccontato tutto, mentre l'amica ha preferito negare anche l'evidenza. Ha mentito ai magistrati. Ma del resto, la ragazzina, per lungo tempo, ha mentito anche a se stessa.

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