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Legame profondo con ebrei e copti

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Dai perseguitati salvati da don Buttinelli alla Messa in rito orientale

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Quando Monsignor Battista Pansa, parroco da 20 anni della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo al Gianicolense ha aperto le porte del suo ufficio, ci ha mostrato, con un po' di rammarico, come si presentava l'area di Monteverde quando la parrocchia è sorta nel 1936 e come si è trasformata. Da una parte una foto con una sconfinata macchia verde intervallata da qualche insediamento; dall'altra una colata di cemento. Case e palazzi talmente accavallate da dare l'impressione che, uscendo da una finestra, si possa entrare in quella di fronte. «Questo è quello che ci hanno portato la speculazione edilizia e la lottizzazione selvaggia degli anni 50/60 - spiega il sacerdote - Hanno lottizzato anche il campo sportivo della parrocchia...». Eppure questo quartiere è nato per offrire residenza a tutto il personale medico dell'allora ospedale del «Littorio», oggi San Camillo-Forlanini. Da allora si sono succeduti appena 4 parroci. Il primo dei quali, don Giovanni Buttinelli, porta con se una storia di grande umanità, perché se è vero che «chi salva una vita, salva l'intera umanità», don Giovanni di vite ne ha salvate ben 101. «Molti ebrei - spiega mons. Pansa - vivevano in questo quartiere perché avevano le loro botteghe a Trastevere. Don Giovanni durante il rastrellamento del '43 cercò di salvare più vite possibile nascondendo la gente all'interno della chiesa». Lo Stato di Israele ricorda don Giovanni Buttinelli con un albero a lui intitolato, in quanto «Uomo Giusto». Così come l'allora monsignor Montini, futuro Papa Paolo VI, che si recava in incognito in questa parrocchia per distribuire viveri ai rifugiati. Storie che legano la parrocchia in maniera indissolubile al quartiere e alla comunità ebraica ancora molto numerosa. Oggi, quando alla crisi valoriale si aggiunge quella economica, le persone vanno salvate in un altro modo. «Molti ragazzi - spiega mons. Pansa - li ho seguiti dal battesimo alla comunione, alcuni fino al matrimonio. Con loro si crea un legame che resta saldo, nonostante le diverse strade che si possono prendere nella vita». Per il sacerdote il processo di accompagnamento della crescita spirituale dell'individuo è fondamentale. Così come fondamentale ritiene il processo di «trasmissione della fede dai genitori ai figli», motivo per cui si è affidato all'abile penna di Fabio Narcisi per scrivere un libro intitolato appunto «Comunicare la fede ai bambini»: «Un itinerario per riempire il vuoto di iniziative che lascia soli i genitori nella trasmissione della fede, quando il potenziale religioso dei piccoli è particolarmente vivo». Il libro, edito nel 2009 e ristampato più volte, è stato tradotto in tre lingue ed è stato presentato in 42 diocesi. Parola chiave quindi è «formazione». Dei bambini, nel caso della trasmissione della fede, e degli adulti con la lettura del Vangelo. «La lettura del Vangelo - riprende il parroco - è tra le più alte forme di spiritualità cristiana. Papa Francesco ha riavvicinato milioni di fedeli alla Chiesa grazie alla sua umanità ma anche grazie al Vangelo. Io dico sempre: Giovanni Paolo II attirava le folle, Francesco invece le penetra, grazie appunto al Vangelo». In parrocchia, inoltre, ogni giorno trovano ospitalità e partecipano a un progetto spirituale ed educativo numerosi membri della comunità copta. «Ogni settimana celebriamo la messa in arabo, essendo i copti di origine egiziana. Molti musulmani presenti nella zona si avvicinano sentendo le preghiere in arabo, credendo di trovarsi nelle vicinanze di una moschea, ma in realtà si tratta di una chiesa cattolica. Per me - conclude - diventa un'occasione di dialogo e confronto».

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