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«Tangenti per i bus alla segreteria di Alemanno»

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Il mediatore dell'affare MenariniBus al gip: «Ceraudo mi disse che i soldi erano per il Campidoglio»

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Ora,a finire nel vortice dell'inchiesta sulla presunta mazzetta da 600mila euro intascata per "sponsorizzare" l'acquisto, da parte di Atac, di 45 nuovi filobus destinati al corridoio della Mobilità Tor Pagnotta, sarebbe la segreteria di Alemanno. La commessa alla società Breda MenariniBus sarebbe stata di 20 miloni di euro. Secondo indiscrezioni, a puntare il dito contro i più fedeli collaboratori del primo cittadino, sarebbe stato Edoardo D'Inca Levis durante il suo interrogatorio in Procura, davanti al gip Stefano Aprile, l'8 gennaio scorso. L'imprenditore 59enne arrestato nei mesi scorsi e tornato in libertà, avrebbe rivelato che l'ex numero uno della BredaMenarinibus, Roberto Ceraudo, (arrestato tre giorni fa nell'ambito della stessa inchiesta giudiziaria), avrebbe fatto riferimento alla segreteria di Alemanno come destinataria della tangente o di parte di essa. Più in particolare, avrebbe detto ancora D'Inca Levis, «Ceraudo non precisò né io chiesi se la segreteria di Alemanno fosse destinataria di tutto o di parte delle risorse, ma mi disse che la politica voleva ancora soldi». E ancora, sempre dalle indiscrezioni raccolte in Procura nel corso dell'interrogatorio, l'imprenditore avrebbe parlato nel dettaglio degli accordi tra lui e Ceraudo: «Il compenso di tutto il lavoro da me svolto per la fornitura dei 45 filobus ammontava all'1% del totale di competenza della Breda Menarini. Poco dopo, sempre nel 2008, Ceraudo mi manifestò la necessità di "aiutare" la commessa nel senso che andavano reperiti un milione 200 mila euro da destinare a persone di una ditta di costruzioni (il nome della società sarebbe già agli atti dell'inchiesta, ndr) in grado di influire sull'assegnazione dell'appalto». Sarebbe stato D'Inca Levis a ordinare alla banca di consegnare ad un corriere il denaro destinato a Ceraudo. Soldi che l'ex ad di MenariBus avrebbe ricevuto. Si tratterebbe di due somme: la prima, 233mila euro, prelevata dal conto il 16 marzo del 2009; la seconda, 312mila euro, uscita dalla banca a settembre dello stesso anno. Una terza, di 204mila euro, sarebbe stata inviata a Ceraudo dallo stesso D'Inca Levis attraverso un bonifico su un conto svizzero. Ma il racconto di D'Inca agli inquirenti va oltre. Il faccendiere, che in questa vicenda avrebbe ricoperto il ruolo di mediatore tra l'Amministrazione e l'Azienda, parla di una "Lobby Roma", di un sistema ben collaudato da cui si era obbligati a passare. Di ciò mise al corrende Ceraudo con un'email speditagli nell'aprile del 2008. Ieri, tre giorni dopo il suo arresto, Ceraudo è stato ascoltato negli uffici di piazzale Clodio. Ad interrogarlo per cinque ore è stato il pm Paolo Ielo, che ha ipotizzato nei suoi confronti e di quelli di altre tre persone coinvolte, i reati di corruzione e frode fiscale. L'ex numero uno di MenariniBus avrebbe infatti messo in piedi un sistema di società off-shore e un giro di false fatturazioni per muovere e nascondere il denaro prima di farlo rientrare in Italia come mazzette. Uno degli indagati, ricordiamo, è l' amministratore delegato, dimissionario, dell'Ente Eur, Riccardo Mancini, che ieri è tornato sulla vicenda per difendersi dall'accusa di essere «un amministratore spregiudicato», elencando i risultati ottenuti dall'Ente sotto la sua guida. Ieri, in tarda serata, la secca reazione del sindaco Alemanno impegnato in Israele per un viaggio istituzionale: «Né il sottoscritto né la mia segreteria hanno mai interferito nelle assegnazioni di appalti di qualsiasi genere».

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