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Gestire meglio i soldi L'appello del Vicariato

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Monsignor Manto: al centro ci sia l'uomo Crisi frutto di ambiguità e malversazioni

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Perquesto per rilanciare e risanare il servizio sanitario regionale, prima di operare tagli lineari, bisogna dare una risposta «i nodi irrisolti, ambiguità e malversazioni che durano da troppo tempo» e che sono il frutto della crisi, non solo economica, della sanità. A scriverlo sul settimanale Roma Sette in edicola oggi con il quotidiano Avvenire è monsignor Andrea Manto, direttore del Centro per la pastorale sanitaria del Vicariato di Roma. Dopo l'appello di Sua Santità Benedetto XVI per i lavoratori dell'Idi-San Carlo e l'esortazione del Vicariato affinché il lavoro di Bondi miri a tagliare sprechi e inefficienze senza penalizzare le eccellenze della sanità, monsignor Manto torna così sulla crisi del servizio sanitario regionale. Segno evidente della preoccupazione del Vicariato non solo per il destino degli ospedali classificati e delle strutture religiose, ma, più in generale, per tutto il sistema del welfare regionale. «La crisi del servizio sanitario del Lazio è frutto di nodi irrisolti, ambiguità e malversazioni che durano da lungo tempo - scrive monsignor Manto - Le difficoltà e le tensioni in cui versa la sanità a Roma e nel Lazio, culminate nelle manifestazioni di martedì scorso, sono imputabili soltanto in parte alla crisi economica che il Paese sta attraversando. La crisi, infatti, sta facendo venire al pettine inesorabilmente una serie di nodi irrisolti e di ambiguità che il servizio sanitario della nostra Regione ha in sé da lungo tempo e le cui responsabilità sono in capo a tutti gli attori del sistema». «In realtà - aggiunge - la sanità è arrivata al collasso non solo per l'impossibilità di trovare risorse economiche ulteriori, ma anche per la mancanza di un modello organizzativo capace di utilizzare i fondi pubblici in maniera oculata e mirata, dando risposte sostenibili ai nuovi bisogni». E prosegue: «In primo luogo, bisogna eliminare gli sprechi e le inefficienze e abbattere i costi della burocrazia amministrativa e della medicina difensiva; le malversazioni, poi, di cui la cronaca fornisce costante riscontro, devono diventare un lontano ricordo». Per quanto riguarda poi gli ospedali religiosi, «che in molti casi sono centri di eccellenza a Roma e in Italia», monsignor Manto afferma che essi «svolgono di fatto le funzioni di ospedale pubblico, ma rispetto agli ospedali pubblici costano circa un terzo in meno e sono mediamente più efficienti». E fa notare che «togliere risorse al Gemelli e alle altre strutture religiose significa tagliare i servizi e penalizzare i cittadini, mettendo in crisi poli fondamentali per la tenuta del sistema, che alla Regione costano relativamente poco a fronte dei servizi offerti. Significa cioè, ridurre l'offerta di cure, perdere migliaia di posti di lavoro e non affrontare i veri problemi della sanità laziale». In un contesto così problematico, «si tratta di mettere al centro la persona e non la prestazione o la tecnica. Ciò vale per l'ammalato tanto quanto per l'operatore. L'uomo e non il danaro è il vero valore del sistema e ripartendo dall'umano, da una logica di prossimità e di presa in carico, si può dare nuovo slancio alla sanità. Non si possono abbandonare le persone nella malattia e neanche trascurare le esigenze degli operatori sanitari, che vanno ascoltati, formati e incentivati a dare il meglio nel nobile servizio della cura». Monsignor Manto conclude: «La Chiesa di Roma segue con attenzione questa fase critica, per dare voce in particolare agli ammalati e alle persone più fragili».

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