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La truffa milionaria dei professionisti

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Con procedure truccate di falsi fallimenti hanno ottenuto sette milioni di crediti

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Manon da professionisti. Sei avvocati, cinque commercialisti e tre imprenditori, in tutto quattordici persone finite in cella o ai domiciliari con l'accusa di essersi impossessati di sette milioni di euro creando crediti inesistenti in favore di tre società fallite eppure con ampia disponibiltà finanziaria. L'operazione, battezzata «Serial Giallo» perché uno dei crediti era collegato alla realizzazione di un programma televisivo seriale, è stata condotta dagli uomini del Comando provinciale delle «fiamme gialle». Ai quattordici arrestati sono stati contestati peculato, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, simulazione di reato e riciclaggio. Il blitz non arriva dal nulla. Si tratta dell'epilogo di lunghe ed elaborate indagini, durate oltre un anno, dirette dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal sostituto Stefano Rocco Fava. Gli accertamenti sono partiti, in particolare, dal fallimento di tre società: la «Domitia Hospital» (fallita l'8 giugno 1994), la «Tecnoconsult» (fallita il 20 febbraio 1995) e la «Pasqualini» (fallita il 30 novembre 2005) i cui incartamenti hanno evidenziato «episodi sospetti di fraudolenta distrazione di risorse finanziarie dalla massa attiva». I sette milioni sarebbero stati sottratti ai reali creditori attraverso l'ammissione al passivo di falsi crediti e grazie a soggetti con identità fittizie, che non avrebbero potuto rendere alcuna opera alle società poi «decotte». Tutto ciò attraverso avvocati compiacenti che, per avvalorare l'esistenza degli «apparenti» creditori, avrebbero autenticato la loro sottoscrizione nei mandati conferiti e predisposto atti e documenti falsi. Un meccanismo possibile perché non sarebbero state attivati i riscontri di rito sull'effettiva esistenza fisica dei soggetti ammessi al credito, la loro iscrizione ad albi professionali e la reale esecuzione delle prestazioni. L'inchiesta, infatti, ha consentito di appurare che non esisteva alcuna traccia, come «progetti» ed «elaborati», che giustificasse la richiesta di compensi e, di conseguenza, di istanze di ammissione al passivo. Un esempio? L'avvocato di uno degli imprenditori finiti in cella avrebbe presentato tardivamente la sua domanda di ammissione per un credito di circa 2,4 milioni di euro. Obiettivo: realizzare per conto della società «Pasqualini» la sceneggiatura di una serie televisiva in 12 puntate dal titolo «Serial Giallo». Bene. Anzi, male. L'incarico per il lavoro, infatti, sarebbe stato conferito dal legale rappresentante pro-tempore della società, Antonio Pasqualini, nel frattempo deceduto. «Peccato però - ha spiegato inoltre Rossi - che la Pasqualini si occupasse di un'attività completamente diversa, ovvero l'estrazione, la raffinazione e la commercializzazione dell'olio d'oliva e quindi, non avrebbe mai potuto commissionare alcuna sceneggiatura». La maggior parte del denaro è stato riciclato per mezzo di false procedure all'incasso a favore di soggetti che poi hanno trasferito le somme su conti correnti svizzeri e ciprioti. I soldi venivano incassati da società estere riconducibili a un faccendiere svizzero, già finito nei guai con la giustizia italiana. Il gip Roberto Saulino ha disposto il carcere per quattro persone: due commercialisti, il faccendiere svizzero e un imprenditore. Gli altri 10 sono ai domiciliari. Sequestrato anche un immobile da un milione e mezzo di euro nei pressi del Colosseo. Sarebbe stato acquistato con denaro sottratto da uno degli indagati. Ma non è finita qui. Per il gip, da parte dei giudici della sezione fallimentare del tribunale civile capitolino c'è stato un «atteggiamento disinvolto e dolosamente compiacente» e non può essere esclusa l'ipotesi di complicità di componenti del «sistema giudiziario», poiché nel caso in questione non si può parlare di «mera superficialità o di disattenzione». E questo è «comprovato proprio dalla sorprendente reiterazione di condotte gravemente omissive» e «dalla accertata erogazione, in favore dei professionisti incaricati dalla procedura, di compensi stratosferici, liquidati in misura sensibilmente eccedente gli importi correttamente dovuti».

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