Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Liberate le case occupate dalle nomadi incinte

default_image

Esultano gli inquilini messi alla porta: «Dovevamo finire sul giornale per rientrare»

  • a
  • a
  • a

Ese lei ha il pancione e tu no devi portare fuori i mobili per lasciargliela libera. «Un sopruso odioso - avevano detto - cui si aggiunge la beffa di sertirti dire che devi andare via tu, perché le forze dell'ordine hanno le mani legate». Ma ieri a mezzogiorno è accaduto l'insperabile. Sono stati liberati gli alloggi popolari di Colle Aurelio, tra Pisana e Massimina, in XVI Municipio, rubati ai legittimi assegnatari. Per ora tre appartamenti su cinque, nelle palazzine a due piani in via Bo, consegnate un paio di anni fa dal sindaco Gianni Alemanno. Ma è l'inizio. E un segnale. Perché con l'arrivo, ieri mattina verso l'ora di pranzo, di decine di auto della Polizia locale di Roma Capitale, volanti del commissariato Monteverde, e carabinieri, fare scacco alle case popolari occupate con donne incinte da un quartiere all'altro della città diventa un po' meno facile. O almeno meno certa la garanzia di una permanenza. Per i furbi che pensavano di farla franca trascinando in casa anche donne in dolce attesa, vere o sedicenti tali. «Ci voleva il giornale per farci tornare a casa» commenta ora Alessandro Manciati, 53 anni, l'ultimo inquilino delle case popolari a via Bo cui lunedì dell'altra settimana hanno sottratto la casa. «Ho provato anch'io - racconta - cosa significa essere svegliati nel cuore della notte, mentre sei fuori città per lavoro, da una vicina di casa che ti dice: "corri che si stanno arrampicando sul balcone per occuparti casa. E quando arrivi a Roma sono già dentro. E devi tu uscire tu». La sua casa è una delle tre sgomberate ieri, dopo l'incontro con il capo della segreteria del sindaco Gianni Alemanno. Ma prima Alessandro si è incatenato per protesta in Campidoglio. «Non mi rassegnavo a lasciare la mia casa a quelle tre zingare che ci sputavano addosso e con arroganza mi incitavano a portare fuori i mobili». Accompagnato dal consigliere Pdl del XVI Municipio, Marco Giudici, Alessandro Manciati è arrivato in Campidoglio insieme con una delegazione di inquilini di via Bo. «Siamo stati ricevuti da Lucarelli, il capo della segreteria del sindaco - dice - ma ringrazio anche il presidente della commissione Sicurezza di Roma, Capitale Fabrizio Santori». Lucarelli ha fatto miracoli, sostiene Alessandro. «Un attimo dopo - dice - pare che il sindaco Gianni Alemanno in persona abbia chiamato il Prefetto». E a Colle Aurelio è andato in scena «l'assalto a Forte Apache» racconta. Sono arrivate decine di macchine della Polizia locale di Roma capitale e della Polizia. C'era anche il dirigente del commissariato Monteverde Mario Viola. E «sono arrivati anche due furgoni di quelli usati per i traslochi - racconta Alessandro - inviati dal comune di Roma per sgomberarli». Non se l'aspettavano. Sicuri come erano del fatto loro. «Quando sotto i balconi ci prendevamo a sputi e insulti - racconta ancora - una delle tre zingare per intimorirci ha persino telefonato all'amico col cellulare e gli ha detto spavalda: "vieni subito qui ma porta la pistola". Lui è arrivato. E ha parcheggiato nel posto riservato a un condomino. Mentre lei gridavano "questa ora è casa nostra"». Alessandro è felice della svolta. «Ho fatto riparare la porta. Posso rientrare. Ma perché - si chiede - in questa settimana, dal giorno delll'occupazione, fino a sabato le forze dell'ordine continuavano a dirmi di avere le mani legate?».

Dai blog