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"La Magliana non dimentica"

Otello Lupacchini

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Ex giudice istruttore che firmò l'ordinanza di arresto della banda della Magliana, attuale sostituto procuratore generale della Procura presso la Corte d'Appello. Otello Lupacchini conosce bene la malavita romana. L'ha portata alla sbarra, l'ha condannata e ora l'accusa in secondo grado. L'ultimo boss di cui si è occupato è il camorrista Michele Senese: arrestato dai carabinieri del Ros per traffico di droga, era quasi riuscito a rimanere ai domiciliari in una clinica psichiatrica sostenendo di essere incompatibile col regime carcerario per il suo presunto disagio mentale. Lupacchini ha demolito la tesi, ha rimesso Senese dietro le sbarre e lo ha fatto condannare. Procuratore, parliamo della morte di Angelo Angelotti. Da esponente della banda della Magliana a "comune" rapinatore. Una doppia brutta fine? «Sembra la nemesi dell'omicidio De Pedis. Nell'ambito di quel delitto lui servì da esca per portarlo in un certo posto. Qui la sensazione è che l'effetto sorpresa che doveva agevolare i rapinatori, abbia invece giocato contro di loro. Un po' come nel caso di Abbruciati (altro ex della Magliana, ndr): va a Milano per uccidere il vicepresidente del Banco Ambrosiano e ci lascia la pelle. I "vecchi" della banda o vanno a far rapine o si sono messi in pensione o gestiscono grossi affari in relativa tranquillità. Lui era un po' messo male, non era messo benissimo». La sua uccisione potrebbe avere come conseguenza un regolamento di conti? «Tutto è possibile. Bisognerebbe avere qualche elemento in più. C'è una cosa che mi impressionò. La sera che uccisero Claudio Sicilia io finivo di interrogare Paolo Aleandri. Alle 18,30 chiudo il verbale. Un'ora dopo ammazzarono Sicilia. Vecchie ruggini degli anni '80 furono regolate nell'89. Nel tempo ci sono stati diversi morti:Toscano, Salomone, Frau, poi Carlino e tanti altri. È finita la banda ma non i rancori, i tradimenti. Ci sono persone che non vogliono prendere atto che quando il tuo momento è passato si perde anche il rispetto, si è esposti a rischi notevoli. Nella mitologia greca c'erano le erinni (personificazione della vendetta, ndr) che potevano anche trasformarsi in Eumenidi (le benevole, ndr)». Quali potrebbero essere i rancori tra gli ex della Magliana? «Problemi di denaro. Dov'è finito il patrimonio della banda? Che fine ha fatto il tesoro?Alcuni sono finiti in miseria, qualcun altro invece i soldi li ha tenuti. Può reclamare la sua parte chi sa a chi l'ha affidata. Siamo nel campo della pura fantasia. Ma le ipotesi spesso potrebbero essere reali. Si possono prestare a delle verifiche». A Roma c'è il vizio di accostare ogni fatto criminale alla Magliana. Una forzatura? «Chi ha fatto parte della banda non erano malavitosi e basta ma anche malviventi che eccellevano in professionalità. C'erano tanti manovali ma c'erano pure persone di alto spessore criminale. Non tutti sono morti o finiti in galera. C'è chi ha in mano un mestiere e ha riciclato la propria professionalità. ARoma la criminalità organizzata ha continuato a esistere tranquillamente sotto altre forme. Certe persone rispuntano. Dimostrano che effettivamente si perde il pelo ma non il vizio». È una presenza sottistamata? «Il fenomeno è liquidato con gli esorcismi. Si è detto che altrove ci sono più omicidi, si è parlato di guerra tra bande. Ma ci sono frammenti o sezioni di criminalità organizzata, non certo individuale. Certo di armi ne girano tante. I morti ci sono. Ricompaiono soggetti che sembravano espulsi dal circuito, impegnati in attività che non sono da Opera di San Vincenzo. Un'attenzione bisognerebbe dedicarla. Non deve interessare tanto il dato quantitativo, ma quello qualitativo».

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