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Disabile in carrozzella tenta rapina. Subito libero

carabinieri

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È innegabile che stiamo vivendo un momento difficile figlio di una crisi dalla quale stentiano a uscire fuori. È vero che c'è il dovere di dare una mano a chi vive di precariato, a volte travolto dalle difficoltà della vita. La disabilità, in molti casi, non aiuta a crearsi una vita serena, difficoltà nel lavoro, nella vita sociale, ma a quel 52enne disabile in carrozzina e pure tossicodipendente che ha tentato una rapina armato di coltello in un negozio di ortofrutta, che mano vuoi dare? Magari una pacca sulla spalla per consolarlo e dirgli «riprova, alla prossima sarai più fortunato?». La notizia che approda sul tavolo della riunione di redazione, non è diversa da tante altre storie di neraccia che quotidianamente scuotono le nostre città. Non clamorosa, ma particolare. Un 52enne romano, disabile, tossicodipendente e già conosciuto per reati analoghi, in evidente crisi di astinenza è entrato con la propria sedia a rotelle in un negozio di ortofrutta di via Andersen, in zona Torrevecchia, pretendendo 20 euro dal titolare, un egiziano di 30 anni. Al rifiuto di quest'ultimo, il 52enne ha estratto un grosso coltello da macellaio che aveva nascosto nella sedia a rotelle, minacciando anche la moglie e i due figli minori del negoziante. A quel punto l'egiziano ha allertato i carabinieri che, prontamente intervenuti sul posto, hanno disarmato ed arrestato il rapinatore che dovrà rispondere di tentata rapina aggravata mentre il coltello è stato sequestrato. Per le sue condizioni fisiche, l'arrestato è stato, con decreto motivato, rimesso in libertà e condotto presso il suo domicilio. E per quale motivo? Forse perché disabile? E chi l'ha detto che un disabile non può varcare la soglia di un penitenziario? In Italia sono molti, più di quanto si possa immaginare, i disabili rinchiusi in istituti di pena. E non ci sembra che siano state fatte eccezioni, come nel caso di Fernando Paniccia, morto nel carcere di Sanremo. Aveva 27 anni, pesava 190 chili e ragionava come un bambino di tre anni. Per quest'uomo non c'è stato diritto alla salute. Invalido al 100%, semiparalizzato e affetto da un ritardo mentale che gli impediva di capire. Come quando a 19 anni, la prima volta che fu arrestato e tradotto in carcere, rubò tre palloni da calcio, magari senza sapere cosa stesse facendo proprio per la sua infermità mentale. Ma Paniccia rubò e basta, senza estrarre pistole o coltelli. Ha pagato con la morte, mentre il 52enne romano "paga" con la libertà. Libero di tornare a casa sua, di tornare domani a reiterare. Un delinquente che non ha esitato un attimo a brandire un coltello minacciando il titolare e la moglie, terrorizzando i loro figli, due bambini che magari di notte anzichè dormire sonni d'oro non faranno altro che ricordare quel coltellaccio in un mano a un balordo. Ma il problema della disabilità stavolta c'entra marginalmente perché quell'uomo inchiodato sulla sedia a rotelle aveva premeditato tutto. La tossicodipendenza è un'aggravante. E noi cosa facciamo? Lo rispediamo a casa con decreto motivato dall'articolo 47 ter dell'Ordinamento Penitenziario, che consente di espiare nella propria abitazione per assicurargli assistenza quando la persona è in condizioni di salute particolarmente gravi. Ma la legge non è uguale per tutti. Un rapinatore che torna a casa, un povero ragazzo con un evidente ritardo mentale, fatto morire in carcere a 27 anni. Qualcuno rifletta.

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