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A Lande 14 milioni della 'ndrangheta

Gianfranco Lande, il

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Non si è mai rifiutato di rispondere a una domanda. A modo suo ha sempre spiegato qual è la sua posizione nel processo che lo vede imputato per la maxi truffa milionaria alla «Roma bene». Ieri mattina, però, Gianfranco Lande per la prima volta ha guardato per qualche istante i suoi avvocati dopo la domanda del pubblico ministero come se volesse un «aiuto» e alla fine ha preso la decisione. «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Ma cosa gli aveva chiesto il sostituto procuratore? Se il Madoff dei Parioli è un massone. Risposta: «Non rispondo ma condivido i principi». Domanda del pm: «Di cosa?». E il presidente della nona sezione del Tribunale di Roma ha aggiunto: «Di questa associazione». Lande non ha quindi totalmente negato di essere «vicino» alla massoneria. Nel lungo interrogatorio il broker ha anche ricostruito il giro di soldi dei suoi clienti, soprattutto di quelli che hanno chiesto di riaverli indietro prima che scoppiasse la crisi finanziaria e venisse alla luce la presunta truffa ai danni di calciatori, registi, attori e professionisti. Lande ha infatti riferito di essere stato minacciato da due esponenti della famiglia 'ndranghetista Piromalli poiché rivolevano i soldi investiti. In una telefonata i Piromalli avrebbero riferito a Lande che quei soldi erano loro. «Per restituire i soldi ai Piromalli - ha detto ieri in udienza - ho fatto una colletta e ho raccolto un milione e 900 mila euro». I Piromalli, secondo quanto emerso dalle indagini, avevano consegnato a Lande 14 milioni di euro. Più volte il broker alle domande del magistrato ha risposto sottolineando che alcuni suoi clienti «cercavano bilanci gradevoli». Poi è stato affrontata la trance dell'inchiesta riferibile alla compravendita dei caccia bombardieri austriaci, dalla quale, secondo Lande, avrebbe perso milioni di euro. Non solo. All'imputato Tescaroli ha chiesto chiarimenti su cosa sia accaduto in Austria proprio per questo contratto e se cioè ci fosse stato l'interessamento delle autorità straniere. «Che lei sappia sono state pagate tangenti?», ha detto il magistrato. Lande: «No, so però che ci sono state due interrogazioni parlamentari sul caso». Il pm ha inoltre domandato a Lande se era a conoscenza di possibili indagini da parte della magistratura austriaca e Lande ha risposto di no. A quel punto in pm ha sottolineato che invece «ci sono indagini in corso». L'imputato, ha dichiarato che «l'affaire» austriaco, gestito attraverso una società appositamente costituita, la «Vector», gli fruttò una somma variabile tra i 12 e i 15 milioni di euro e di aver destinato il denaro interamente al suo gruppo finanziario. La commessa in questione aveva un valore di 4 miliardi di euro e la consulenza affidata a Lande verteva sulla penale del 5% che il governo austriaco avrebbe dovuto pagare in caso di dismissione della stessa. Nell'interrogatorio del presunto truffatore il sostituto procuratore ha poi domandato se lui avesse lavorato insieme a qualcun altro. «Non avevo nessuno dietro di me - ha detto Lande - il mio carattere non lo permette». E poi si è definito come «una persona ingombrante» durante i contratti dei quali si occupava. L'esame dell'imputato, comunque, non è ancora terminato, tanto che domani riprenderà ancora con le domande del pm Tescaroli, prima di «passare» Lande alle domande delle parti civili e della difesa. Per ora, infatti, è stata fissata anche l'udienza di martedì.

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