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Tre giorni in barella ammassati nei corridoi

Barelle nella corsia del pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli

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TIVOLI L'unico Dipartimento d'emergenza e accettazione di primo livello del quadrante est della provincia, che ha mezzo milione di residenti, ha un Pronto soccorso ridotto in barella. Come le otto incolonnate ieri pomeriggio lungo il corridoio dell'osservazione breve, in una sorta di griglia da pole-position per l'aggiudicazione dell'agognato posto letto all'ospedale di Tivoli. Ma i tempi sono tutt'altro che sprint: «Chi ha bisogno di un letto può rimanere anche tre giorni su una barella prima di essere ricoverato - spiega Sandro Bernardini, segretario organizzativo della Uil-Fpl di Roma e provincia - mentre i codici bianchi e verdi possono aspettare fino a 8 ore». La sala accoglienza del Triage è piena di persone in attesa della chiamata dalla grande vetrata. E dietro le porte scorrevoli dell'entrata riservata alle ambulanze aprono, ad ogni arrivo, uno squarcio su un panorama dolente dei troppo pazienti seduti in pigiama sulle lettighe, o appisolati sulle poltroncine circondate da barelle e sedie a rotelle. Anche la sala riservata ai codici gialli, di quelli da monitorare ogni 10 minuti, è piena zeppa e il personale è costretto a parcheggiare le barelle lungo il corridoio. Lì, tra le otto lettighe impilate e occupate per lo più da anziani, è un viavai frenetico di medici e infermieri, ausiliari e personale delle pulizie, costretto a lavare i pavimenti in una gimkana tra badanti e parenti. C'è di tutto: dal ragazzino peruviano che deve fare l'aerosol, sistemato su uno sgabello per non rubare spazio alle barelle, alla giovane madre che fa l'andirivieni con la bimba in braccio, poi portata nella sala pediatrica. «Ma lì siamo costretti a mandare tutti quelli che hanno bisogno di cambiarsi - allargano le braccia i sanitari - non è dignitoso farlo in un corridoio affollato». Ieri il limbo non era neanche al top: «No, venerdì è stato anche peggio - dicono i barellieri - 3 codici rossi e zero posti letto. Come gli operatori socio-sanitari, che qui non abbiamo per niente». La coperta è troppo corta, non solo per i posti letto (Tivoli è ancora in attesa dei 35 in più indicati nel settembre 2010 dal decreto 80). Anche i camici bianchi e le divise blu non bastano: mancano un'ottantina di infermieri e servirebbero almeno 20 tecnici di laboratorio e radiologia. Carenze che, sin dall'estate scorsa, hanno prima portato all'accorpamento dei reparti di Chirurgia e Otorinolaringoiatria e ora al taglio di 11 posti letto nel reparto di Medicina. Proprio quelli più richiesti dalla lista d'attesa del Pronto soccorso. Una struttura che conta 40 mila accessi l'anno, di cui almeno mille e 500 casi bisognosi di ricovero. «Su una media di una trentina di richieste di ricovero al giorno - quantificano gli operatori - circa la metà non trova posti letto». E allora si è costretti ad attendere in corsia, oppure l'arrivo dell'agognato fax di accettazione dagli altri 5 ospedali dell'Asl RmG. Ma è anche quella che ha meno posti letto in provincia: solo 1,6 ogni mille abitanti contro lo standard dei 3,3 richiesti dallo stesso piano sanitario regionale. Praticamente la metà di quelli che dovrebbe avere (e su 3 ospedali incombe anche la spada di Damocle dell'ulteriore taglio di 150 letti previsto dalle riconversioni indicate per Monterotondo, Subiaco e Palombara). Ma nell'Asl Rm G è anche «estremamente grave la carenza di personale medico, tecnico e infermieristico: circa 90 medici nelle diverse discipline, circa 150 infermieri, 280 operatori socio sanitari e 60 tecnici», quantifica il segretario della Cgil-Fp Roma Est, Aldo Capobianchi. Dieci medici su 20 lavorano con contratto precario, così come 6 infermieri su 27 in organico. «Così funziona il pronto soccorso di Tivoli - dice a margine di un sopralluogo mattutino il capogruppo regionale del Pd, Esterino Montino - Alle 11,30 era al colmo della sua capienza con tutti i 32 posti occupati. Occupati anche i due unici posti per codice rosso. Se arriva il terzo, ci ha spiegato il responsabile della struttura, non sapremo dove metterlo».

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