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E i romani ricordano Claudio gettato nel Tevere

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Mache tristezza arrivare a questi punti». Non è ancora certo se l'omicidio di Marco Zioni, il trentasettenne romano freddato ieri pomeriggio a colpi di pistola, sia stato ammazzato per un bambino conteso o per un regolamento dei conti tra malavitosi. Ma a Montespaccato, il quartiere a Nordovest tra Torrevecchia e Quartaccio, teatro del delitto, il pensiero è andato subito al piccolo Claudio, il bimbo di 16 mesi buttato nel fiume dal suo papà, quando si è sparsa la voce che forse anche la vittima era in lite per un ragazzino conteso. Litigi, sì, simili alle liti che inscenava Patrizio Franceschelli, il romano ventiseienne, che, però, era arrivato anche a picchiare selvaggiamente l'ex compagna, quando lei minacciava di lasciarlo per sempre. La donna era in ospedale quando il sabato della prima neve a Roma il giovane era andato a riprendersi il figlio a casa della nonna materna a Trastevere. E qualche minuto dopo lo ha lanciato nell'acqua gelida da Ponte Mazzini. «Che peccato che quel corpicino non sia stato trovato - sospira Nadia, 60 anni. Fino a un po' di tempo fa abitava a via Montpellier, la strada dell'agguato. Ora è rimasta la figlia, 30 anni, insieme con la nonna. Ma ieri l'anziana non c'era. «E per fortuna, mia madre è ricoverata in ospedale, se fosse stata a casa gli sarebbe preso un colpo nell'apprendere la notizia». Uno choc per il quartiere. «Mia figlia stava rincasando, era andata a prendere i ragazzini a scuola ed ha trovato la strada sbarrata - racconta Nadia - Quando ha saputo quello che era successo mi ha telefonato. "Oddio mamma", mi ha detto al cellulare mentre era ancora in macchina, "tappati in casa e non venire qui, hanno ammazzato un'altra persona"». Secondo Nadia tutto il quartiere ha paura. «Non ci sentiamo sicuri, chi ha figli adolescenti che potrebbero andare a scuola da soli continua invece ad accompagnarli perché nessuno si fida a lasciarli uscire da soli» sostiene la donna che ricorda altri atti criminosi: l'incendio di negozi e l'omicidio in un bar a via Gattinara, qualche anno fa. «Qui abitano un paio di famiglie pericolose» dice. E fa i nomi ma non vuole che si scrivano perché ha paura. «Sono banditi - dice - gente pericolosa. Meglio tacere».

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