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Ha preso il figlio per ucciderlo. Il pm valuta la premeditazione

Le ricerche del piccolo Claudio lanciato dal padre nel fiume Tevere

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È presto per dire se il papà-assassino, che sabato mattina ha lanciato il figlio di 16 mesi nel Tevere da Ponte Mazzini, si sia recato a casa della nonna materna in via Orti d'Alibert, a Trastevere, con l'intenzione di prendere il figlio per ucciderlo. Ma è proprio per capire questo che ieri ha lavorato il pm. Ha disposto verifiche che potrebbero appesantire con l'aggravante della premeditazione, la posizione giudiziaria di Patrizio Franceschelli, 26 anni, disoccupato e con precedenti per spaccio, arrestato subito dopo il delitto dai carabinieri del Nucleo radiomobile diretto dal colonnello Mauro Conte. Ci sono le minacce di morte alla compagna, Claudia, 26 anni anche lei, mamma del piccolo Claudio, di uccidere il figlio nel caso lei lo avesse lasciato. Ci sono le botte alla ragazza, che soffre di anoressia e ancora non sa che il bimbo è morto. Il giorno prima del delitto era stata ricoverata al Santo Spirito. A metà settimana era rincasata col giaccone sporco di sangue, talmente confusa da non riconoscere i familiari, ha raccontato la mamma, Rita Maccarelli. E sempre lei ha riferito di una scritta minacciosa: «Con Claudia e Claudio la fine del mondo». Ma non c'è solo tutto questo per inquadrare l'omicidio come premeditato. C'è anche la domanda fatta da Franceschelli a un poliziotto penitenziario, incontrato a Ponte Mazzini per caso, prima di lanciare il figlio nel Tevere: se cioè in zona ci fosse una stazione dei carabinieri. Questa domanda ha colpito. Perché mai a un uomo che subito dopo ha lanciato il figlioletto nel Tevere doveva interessare tanto la presenza di carabinieri nelle vicinanze? Forse che avendo programmato il delitto pensava già a costituirsi? O il ragazzo voleva solo spiegare ai militari perché mai aveva preso il bambino con la forza, rendendosi conto anche di avergli fatto del male perché gli era caduto dalle scale mentre fuggiva? O pentito, voleva restituirlo? Sono ipotesi. Ma è anche su questi interrogativi che hanno ruotato gli accertamenti disposti dal pm, il cui risultato potrebbe far contestare all'indagato, reo confesso, anche l'aggravante della premeditazione. Per ora l'accusa per Patrizio Franceschelli è omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. Ma le verifiche potrebbero appesantire la posizione giudiziaria del giovane, il cui gesto ha fatto rabbrividire i romani più del gelo e della neve di questi giorni. Ci sono anche le precedenti minacce alla compagna di uccidere il figlio. «Se mi lasci ammazzo il tuo bambino» le avrebbe detto. Oggi è fissata l'udienza di convalida dell'arresto e l'interrogatorio di Franceschelli. Il pm titolare del fascicolo, Attilio Pisani, ieri mattina ha inoltrato la richiesta all'ufficio dei gip chiedendo la convalida del fermo e la contestuale emissione di un provvedimento cautelare in carcere per omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. Sempre che non sia scattata, dopo le verifiche di ieri, l'ulteriore aggravante della premeditazione.

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