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La «selvaggina» è ancora in libertà.

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Econtinuano a passare al setaccio i quartieri nel quadrante Sud-Est della Capitale. Operazioni capillari, con vasto impiego di mezzi e di uomini che hanno dato i loro frutti, ma non quelli sperati: l'arresto dei due marocchini accusati di aver ucciso la sera del 4 gennaio a Tor Pignattara Zhou Zeng e la figlia Joy, di appena nove mesi. I due, già identificati attraverso le impronte e il dna, sono ancora in circolazione. Forse armati, visto che la pistola usata per la rapina degenerata in duplice omicidio non è mai stata ritrovata. I militari della Compagnia Casilina, coadiuvati da personale appartenente alle Compagnie di Intervento Speciale, hanno arrestato due persone, denunciandone altre otto. Il primo a finire in manette è stato un cittadino egiziano di 28 anni, nella Capitale senza fissa dimora, il quale, per eludere un controllo dei militari a Centocelle, si è dato alla fuga. Rintracciato in piazza Pino Pascali, l'uomo ha fatto resistenza all'arresto, ma è stato immobilizzato. Dovrà rispondere di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale. A Torpignattara, a poca distanza dal luogo in cui sono stati uccisi i due cinesi, è stato arrestato un trentenne tunisino trovato in possesso di 100 grammi di hashish, già suddivisi in singole dosi pronte per essere vendute al dettaglio. Le denunce in stato di libertà (due per furto tentato, due per danneggiamento, 4 per porto di armi e oggetti atti ad offendere), che danno ancor di più il senso dell'efficacia del servizio, nel corso del quale sono stati impiegati oltre 60 carabinieri. Nei soli quartieri di Centocelle e Torpignattara sono stati controllati 30 mezzi e 130 persone, effettuati 14 controlli a phone center, internet point ed esercizi pubblici maggiormente frequentati da pregiudicati, due perquisizioni per la ricerca di armi e numerose perquisizioni personali. Intanto, il sindacato di categoria della Municipale chiede che vengano diffusi gli identikit dei due presunti killer. «Inviteremo il comandante del Corpo Angelo Giuliani a prodigarsi affinché le foto segnaletiche e le identità dei ricercati per il barbaro duplice omicidio vengano diffuse tra gli agenti del Corpo di Polizia Roma Capitale - ha sottolineato Marco Milani, segretario romano aggiunto del Sulpm - Aldilà di esigenze investigative che non spetta al sottoscritto valutare, è un fatto che due persone compiutamente identificate, estremamente pericolose e presumibilmente ancora armate, giacchè l'arma del duplice omicidio non sarebbe ancora stata stata rinvenuta, si aggirino sul territorio disperate, in quanto consapevoli di essere braccate. In questo contesto non si comprende perchè agli agenti ed ufficiali di Roma Capitale, non sia stata diffusa la foto degli indagati, non tanto e non solo, per poter contribuire all'eventuale rintraccio degli stessi, ma anche e sopratutto per sapere "da chi guardarsi", in specie, durante le numerose identificazioni nel corso dei sempre più frequenti controlli antidegrado». Milani ricorda «l'episodio dell'arresto di Luciano Liboni detto il "lupo", che vide come protagonista proprio un agente di Polizia Locale, il quale, riconosciutolo, lo tenne "a vista" fino all'arrivo dei militari dell'Arma, dall'agente stesso allertati. Allora il collega potè usare queste cautele, in quanto consapevole con chi aveva a che fare - continua Milani - in caso contrario avrebbe ben potuto essere l'ennesima vittima, dovuta ad una semplice richiesta di esibire i documenti fatta al famigerato "lupo"». Oggi, infine, il ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi incontrerà l'ambasciatore cinese Din Wei nella sede diplomatica della Capitale. Mau. Gal

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