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Scattone in cattedra. Uno schiaffo a Marta

I genitori di Marta Russo

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Riemerge dalle ombre la dolorosa vicenda di Marta Russo, la studentessa uccisa il 9 maggio 1997 alla Sapienza da un colpo di pistola sparato da Giovanni Scattone, condannato in Cassazione a cinque anni e quattro mesi per omicidio colposo. La Cassazione ha pure eliminato la pena dell'interdizione dai pubblici uffici e quindi Scattone, che ha scontato la sua pena ed è libero, oggi può lavorare come insegnante in una scuola pubblica. Per un tragico scherzo del destino all'ex assistente universitario di Filosofia del diritto, è stata assegnata una cattedra di storia e filosofia al liceo scientifico Cavour in via delle Carine, la stessa scuola che Marta Russo frequentò prima di andare alla Sapienza. «Ti senti perseguitata dal destino, queste cose minano il mio precario equilibrio, non mi aiutano a voltare pagina»: è l'amaro commento di Aureliana Russo, la madre di Marta che fu avvertita dell'arrivo di Scattone all'inizio dell'anno scolastico dalla mamma di un'alunna del Cavour. «Mi disse che volevano fare qualcosa per protestare, ma poi non ho più sentito nessuno, nè tantomeno ho telefonato io. Del resto con chi me la potrei prendere? ...Capisco che si debba guadagnare il pane ma dovrebbe fare un altro mestiere. Ma dopo un delitto così atroce, non potrebbe essere un educatore di giovani: proprio lui non può insegnare filosofia. In tutte le scuole dove è andato ad insegnare i genitori si sono ribellati. Scattone dovrebbe vergognarsi. Ma come si può chiedere di vergognarsi a una persona che ha fatto ciò che ha fatto?» Il professor Scattone invece non ha nessuna intenzione di andarsene dal Cavour e ribadisce la sua innocenza: «Ho scontato interamente la condanna nonostante non fossi l'assassino. In sette anni nessuno dei miei studenti si è lamentato di me, anzi ho instaurato con tutti degli ottimi rapporti. Io insegno storia e filosofia e non morale. Questa per me, che sono precario, è l'unica fonte di guadagno». Scattone si sente vittima di un errore giudiziario. La moglie Cinzia, anche lei prof, lo sostiene: « Tutta questa polemica per nove ore di supplenza mi sembra sterile, lui ha già pagato per una cosa che non ha mai fatto». E al liceo Cavour che ne pensano? La preside Tecla Sannino si aggrappa alla legge: «Rispetto la sentenza della Cassazione e le normative vigenti che prevedono nomine di docenti supplenti secondo le graduatorie provinciali, curate dall'Ufficio ambito territoriale». Gli studenti promuovono invece il loro prof: «È all'avanguardia, porta il pc in aula, ci fa vedere filmati, foto, interviste, ed è molto preparato e disponibile». C'è chi ammette di «averne paura» ma forse perché «sa». Per alcuni colleghi Scattone che mantiene un profilo basso, è come «un fantasma». In realtà il suo arrivo non è stato proprio in sordina. Sembra che ci sia stato un lungo dibattito per quella che viene definita una «situazione delicata». Sgomento per la coincidenza e imbarazzo. Come in occasione della consegna delle borse di studio intitolate a Marta Russo. «Una bidella - racconta un professore - evitò di leggere nella classe di Scattone la circolare per non offendere la sensibilità del professore».

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