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Quando il prof faceva lezione a Ostia

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Seianni fa, al liceo scientifico Antonio Labriola. E subito scoppiò la polemica. Perché quando il neoprof di filosofia ha iniziò le lezioni, la scuola aveva appena intilato l'aula magna a Marta Russo. «Uno schiaffo alla memoria della studentessa uccise» lo ritenne la Comunità militante di Ostia che il 3 dicembre 2005 diffuse un volantino per esprimere solidarietà alla famiglia Russo e annunciare e annunciare iniziative «per permettere ad ogni studente e all'opinione pubblica di conoscere quanto avvenuto nel 1997». E cioé l'omicidio (colposo, secondo la Cassazione) della ragazza mentre, insieme a un'amica, percorreva il vialetto tra le facoltà di Scienze Statistiche, Giurisprudenza e Scienze Politiche all'università La Sapienza. Gli Arrabbiati annunciarono conferenze e convegni per non far dimenticare l'assassinio. E, visto che la famiglia di Marta Russo decise di donare gli organi della giovane dopo la morte, avvenuta dopo cinque lunghissimi giorni di agonia, al liceo Labriola la cultura della solidarietà divenne protagonista di incontri e dibattiti. A partire proprio da quello sulla donazione degli organi. La mamma, Aureliana Russo, rimase sconcertata dall'incarico affidato dal Provveditorato a Scattone: «I docenti mi spiegarono il loro imbarazzo, ma non accadde niente». Il professore continuò a discettare di Aristotele, Cartesio e Kant sulla cattedra di Ostia facendo finta di nulla. Che altro poteva fare, del resto? Proprio chi aveva sollevato il polverone, la Comunità militante, ne riconobbe il «diritto ad insegnare presso qualsiasi scuola romana». Tranne qualche sguardo di disapprovazione incassato dentro e fuori le aule, Scattone continuò a fare lezione nel liceo a due passi dal mare. Con buona pace della povera Marta. Ale. Zav.

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