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Casalinga, vedova e rapinatrice "Sono indebitata, fuori i soldi"

polizia

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La casalinga vedova e rapinatrice: «Scusate, ho i debiti, dovete darmi i soldi». Si faceva consegnare il denaro, usciva in strada, si toglieva la calza tirata fino al naso, gli occhiali da sole e la bandana dalla testa. La malvivente con la pistola giocattolo si trasformava in una tranquilla signora Paola D.P., di 59 anni mesta e innocua per le vie di Monteverde, nella stessa zona un tempo ex titolare di un bar assieme al marito (ora deceduto). L'altra mattina è stata arrestata dagli uomini del Commissariato diretto da Mario Viola con circa 10 mila euro nascosti tra le rete del letto e il materasso nella casa dove vive col figlio barista ad Acilia. L'accusa: due rapine messe a segno e altre due tentate, dal 1° luglio all'8 settembre, date che segnano il primo e l'ultimo colpo. La zona è sempre la stessa: Unicredit di via Oznam, Popolare di Vicenza ai Colli Portuensi, Unicredit di Trasteverere e Popolare di Milano in via Ingrassia. Il modus operandi non cambiava. La signora si travisava, entrava nell'istituto con una sacca di tela blu, la pistola giocattolo modello Beretta 9x21 senza tappo rosso e aspettava. Si metteva seduta, in fila come gli altri. E quando arrivava il suo turno cominciava. «Mi scusi, mi deve dare i soldi. Mi dispiace ma passo un momento di difficoltà economiche». Per non esagerare troppo e non essere creduta dalle sue vittime, la signora aggiungeva un avvertimento: «Non chiami nessuno, non dia l'allarme. Noi sappiamo chi siete e dove ritrovarvi», lasciando intendere che non era da sola ma fuori aveva almeno un complice che l'aspettava. Qualche direttore di banca le ha consegnato poche migliaia di euro (cinquemila). Ma c'è stato qualche collega che ha perfino trattato la cifra. Del tipo: «Signora, non si metta nei guai. Già ha i suoi. Lasci perdere, eviti. Le posso dare trecento euro, non di più. Le altre banconote sono segnate proprio contro le rapine». Dopo la prima razzia è scattata la denuncia alla polizia. Le telecamere di sorveglianza hanno registrato ingresso, in alcune occasioni anche la rapina e poi la fuga. Ma le impronte digitali non coincidono con l'identità di qualche pregiudicata. Gli investigatori della squadra giudiziaria capiscono che si tratta di una incensurata. Però c'è un indizio in più da cui partire. L'8 settembre la signora è andata a rapinare la banca con la Renault Scenic del figlio e quando è uscita dall'istituto qualcuno ha fatto in tempo a segnare le ultime lettere della targa. La domanda degli investigatori: nell'area di Monteverde, chi possiede una vettura con quella combinazione di lettere e numeri?Il cerchio si stringe. L'altra mattina i poliziotti vanno a prenderla. Prima la casalinga-vedova-rapinatrice nega: «No, no, non sono io, vi sbagliate». La messinscena crolla quando gli agenti le mostrano le fotografie. «Mi dispiace - si lamenta - non volevo, ma ho molti debiti, sono vedova. Avevo un bar ma le cose sono andate male, non sapevo come fare». Il figlio barista era all'oscuro della mamma bandita. E neppure sapeva niente l'altro trasferitosi a Brescia. I poliziotti l'hanno trasportata nel carcere di Rebibbia e non escluso che nei prossimi giorni il giudice le concederà gli arresti domiciliari.

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