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Agguato in Centro: c'è la camorra dietro "Somarello"

La polizia sul luogo della sparatoria

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Era il biscazziere della camorra del clan di Michele Senese "o Pazzo". Era sopranominato il "Somarello", in grado di organizzare tavoli da gioco in un ristorante sull'Appia e in un appartamemento ai Parioli. Era l'uomo che diceva: «Tu non giochi, gli ordini che ho avuto sono questi, non giochi». Spunta l'ombra della criminalità organizzata dietro la figura di Paolo Marcoccia, mercoledì sera vittima di un agguato a mano armata in pieno centro, all'angolo tra piazza Nicosia e via della Scrofa. A gennaio di due anni fa, le carte giudiziarie scritte dai carabinieri del Ros, sottoscritte dal pm antimafia Lucia Lotti e con le quali il giudice ha certificato la condanna a 17 anni contro Senese (ora ai domiciliari in una clinica al Nomentano), definiscono meglio la sagoma di Marcoccia, prima incerta e raccontata solo dai suoi precedenti penali: droga, rapina e gioco d'azzardo. Sull'agguato, il "Somarello" ha detto poco, quanto basta. È finito all'ospedale Santo Spirito col ventre bucato da una pallottola su tre che i due aggressori con una pistola a tamburo gli hanno sparato dopo aver parcheggiato in curva la sua Cinquecento nera. Agli investigatori della Squadra mobile di Vittorio Rizzi ha spiegato le cose più o meno così: «Ero al telefonino con mia figlia, ho aperto lo sportello della vettura, ho messo una gamba fuori, quei due mi sono piombati addosso e mi hanno sparato tre colpi di pistola. Ma non li ho visti in faccia, avevano il casco integrale». Marcoccia è stato vago. Negli atti giudiziari però emergono dettagli che squarciano altri veli e rivelano ruoli e protagonisti di un gioco diverso. Nel 2006 le cose andavano così. In data 24 settembre, alle 15.07, Silvano Creta chiama Domenico Di Giovani (coinvolti nell'operazione Orchidea del Ros) e lo informa che "Somarello" (Paolo Marcoccia) lo ha contattato e gli ha chiesto di giocargli delle squadre, quindi vuole sapere se può prendere la scommessa. Di Giovanni: «Pronto?». Creta: «a Mi... ha telefonato "Somarello" e mi ha puntato cinquecento del Siena e cinquecento della Reggina». D.: «Embè?». C.: «E Giorgio (Bozzi)... te lo dico, no? Un conto Giorgio e un conto Somarello, è uguale però per dirti...». D.: «Non ho capito, ma perché Somarello... non ho capito». C.: «Va bene». Gli investigatori hanno sostenuto che Creta e Di Giovanni gestivano un giro di scommesse giocando pesante nella bisca clandestina itinerante gestita da Marcoccia. Un'altra conversazione interessante è stata registrata dai militari tra Creta e Marcoccia. Quest'ultimo dice di aver parlato con Mimmo (Di Giovanni, ndr) il quale lo ha informato di scalare «6200 del pallone e 4800 della teresina». Creta non si altera: «Non avete capito nulla...». Marcoccia lo interrompe: «Sei tu che non hai capito un caz... Io ho già parlato con Mimmo, tu quando vieni a giocare qua, non giochi come Silvano Creta, giochi come Mimmo, altrimenti io non ti faccio giocare, quando tu vieni al casinò io chiamo prima Mimmo, se no, io non ti posso far giocare... questi sono gli ordini che io prendo e io questo ti rispondo... tu sei un operaio di Mimmo come io sono un operaio di Sandro!».

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