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Auto rubate dalla città all'Est Europa

Una volante della polizia

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Traffico di auto rubate nelle ville del Centro Italia e vendute all'Est europeo attraverso autodemolitori della Capitale. È l'accusa con la quale gli investigatori della polizia stradale del Compartimento Lazio hanno arrestato sei persone indagandone un'altra cinquantina per presunta ricettazione. L'operazione è iniziata i primi dell'anno e si è conclusa nei giorni scorsi. La banda era formata da pregiudicati romani e dell'ex Jugoslavia, residenti nella Capitale e a Guidonia Montecelio, nell'hinterland. Sono D.A., albanese, già agli arresti domiciliari. P.D. pluripregiudicato, 38 anni, residente a Guidonia Montecelio, cognato del titolare di un grande autodemolitore in città. H.K., albanese anche lui, trentaquattraenne, in carcere a Regina Coeli per altri reati. D.G.M., romano di vent'anni, fratello di D.G.D. col quale gestiva tutte le attività del sodalizio criminale e ora sottoposto all'obbligo della firma. E C.P., italiano, 49 anni: avrebbe rifornito il vertice del sodalizio di ogni refurtiva in attesa della commercializzazione. A dare impulso agli accertamenti dei poliziotti sono stati alcuni furti in ville e appartamenti, commessi a Roma e in altre zone del Centro Italia. Nelle maggior parte dei casi, i ladri hanno forzato le portefinestre, hanno ripulito l'abitazione degli oggetti di valore che erano a vista e hanno portato via le chiavi delle automobili delle vittime, parcheggiate all'interno della proprietà o in strada. Si tratta di Bmw, Mercedes, Audi e Porsche. A questo punto i malviventi facevano scattare la seconda fase dell'operazione. E cioè: lo smontaggio delle vetture oppure la contraffazione dei numeri di telaio che poi venivano riportati su documenti falsi per accompagnare il mezzo con una nuova identità, "esportato" sui mercati «neri» nell'Est europeo. Per la cricca l'ammontare dei ricavi poteva variare, essere suscettibile di differenze percentuali anche sensibili. La vendita all'estero comportava un guadagno grosso modo pari alla metà del valore dell'auto rubata. Altrimenti, e qui entravano in ballo gli autodemolitori la cui posizione è ancora oggetto di indagini, la macchina veniva smontata e la banda cedeva i singoli pezzi raggiungendo un profitto decisamente maggiore. I sospetti degli investigatori vanno oltre. Secondo la sezione di polizia giudiziaria della Polstrada, le imprese sospettate di collusione giocavano anche un altro ruolo. Quello di immettere le vetture sul mercato legale, venderle al migliore offerente. Quindi piazzare la refurtiva, far passare auto usate per "pulite". Un commercio che comunque rendeva molto.

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