Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Eleonora Sannibale Il 2005 ha segnato l'inizio di una seconda Grande Depressione: quella dei fumatori incalliti.

default_image

  • a
  • a
  • a

Unoshock per i fan di sigarette e simili che si sono ritrovati spodestati e circondati da cartelli che mettevono in guardia da multe salatissime. Eppure, poco dopo l'uscita della norma, tic nervosi, attacchi d'ansia e panico tra i romani dipendenti dal fumo sono scomparsi grazie alla forza dell'abitudine. Tanto he i ristoratori ora piangono i soldi spesi per creare nei propri locali sale fumatori a norma di legge. Ne sa qualcosa il signor Italo, ex proprietario del Caminetto ai Parioli, passato ora nelle mani del figlio con il quale lavora, accortosi che lo spaesamento degli «smokers» è stata solo iniziale e anche i più incalliti si sono assuefatti in fretta al divieto. «È stato un pessimo investimento - dice Italo - avrei dovuto dar retta a mio figlio, mi diceva che la gente si sarebbe abitutata alle nuove regole. E aveva ragione. Mi sarei risparmiato 40mila euro. La sala fumo - continua - è stata usata solo per un breve periodo. All'inizio i clienti restavano seduti per ore e non volevano più andarsene. Poi hanno iniziato comunque ad alzarsi e andare a fumare fuori. Insomma feci una stupidaggine». Dello stesso avviso Giuseppe, che lavora Dal Bolognese, a piazza del Popolo: «Bhà, non fumano in tanti. La sala è un accessorio, si poteva risparmiare». Gli fa eco Mario, proprietario dell'Enoteca Capranica: «Non è convenuto molto. Noi già ce l'avevamo, ma ormai la usiamo come sala normale». Di parere diverso, invece, Alessandro, proprietario di Camponeschi in piazza Farnese: «L'abbiamo fatta appositamente quando è uscita la norma. Ci viene richiesta, quindi secondo me è convenuto. Diciamo che è un servizio in più che offriamo ai nostri clienti». Insomma, il popolo dei fumatori ormai si è «assuefatto». E il numero dei locali nella Capitale con sala fumatori annessa non è cresciuto. La conferma arriva dal presidente della Fipe-Confcommercio Sacchi: «A me non sembra che in città, centro storico, ci sia un aumento. Appena uscì il nuovo regolamento, forse, ma è stata metabolizzata velocemente. Chi ha spazi esterni, poi, con l'ausilio di impianti di riscaldamento, può ospitare i clenti fuori quasi tutto l'anno. E comunque - conclude - nella maggior parte dei casi i locali hanno grandi difficoltà a creare un doppio ambiente. Nel centro storico, in particolare, sacrificare una parte del ristorante conviene».

Dai blog