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Decine di telefonate per fare il test Tbc. San Camillo in trincea

Incubo tbc a Roma, famiglie in ospedale per i test

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L'emergenza tubercolosi non è ancora finita, ma almeno il peggio è passato. Per il reparto di Pediatria e il pronto soccorso pediatrico del San Camillo Forlanini è stato un mese d'inferno: turni massacranti, 400 bambini visitati (l'8-10% dei quali trovati positivi al micobatterio della Tbc), oltre 60 test eseguiti al giorno, genitori rassicurati. Il tutto organizzato in fretta e furia. E, vista l'esplosione improvvisa dell'allarme tubercolosi in seguito al caso dell'infermiera del reparto di Neonatologia del Gemelli ammalata. Un lavoro straordinario quello del direttore sanitario del San Camillo Forlanini Diamante Pacchiarini, che in sole tre ore ha messo in piedi l'unità di crisi del nosocomio di circonvallazione Gianicolense, una delle cinque strutture coinvolte nell'Unità di coordinamento regionale - le altre sono sono Spallanzani, Asl RmE, Policlinico Gemelli e Bambino Gesù). Sopportando il peso di doppi e tripli turni in un periodo difficile a causa delle ferie estive, il personale del San Camillo ha adempiuto con grande spirito di abnegazione al proprio dovere. «Il cordone epidemiologico ha funzionato», dicono al pronto soccorso pediatrico, anche grazie a due percorsi separati per i bambini che accedevano in pronto soccorso e quelli convocati per lo screening anti-Tbc, ospitati nel day surgery pediatrico. I neonati venuti a contatto con il micobatterio sono stati contattati per l'inizio della profilassi: radiografia al torace, proposta dell'intradermo alla Mantoux (facoltativa: la scelta spetta ai genitori) e controlli per la funzionalità epatica e renale. Dopo questi esami è previsto l'inizio della terapia vera e propria, con una preparazione galenica ad personam dell'antibiotico (i medici del San Camillo prescrivono cioè la quantità di atnibiotico da somministrare a seconda dell'età e del peso del neonato). Fra tre mesi i bambini positivi dovranno tornarnare di nuovo in ospedale e ripetere il test. Anche i bambini negativi al test tra quattro settimane dovranno ripetere gli esami a scopo precauzionale. «Tutti hanno iniziato un percorso clinico e diagnostico, è normale monitorarli, ma non bisogna creare allarmismo - riferiscono al pronto soccorso pediatrico - È possibile che una percentuale anche minima di bambini positivi possa ammalarsi, non possiamo escluderlo. Ma bisogna essere sereni, per questo, dal punto di vista umano prima che clinico, cerchiamo di tranquillizzare i genitori, anche perché sottoporre un bambino alla profilasse è faticoso e stressante». Intanto i medici attendono l'esito della comparazione tra il genoma sulla malattie contratte dall'infermiera del Gemelli e dalla neonata per verificare se effettivamente si tratti della stessa malattia. Certo il panico c'è. «Riceviamo ogni giorno decine e decine di telefonate di genitori che vogliono sottoporre i propri figli al test. Parliamo di bambini nati in altri periodo o anche in ospedali diversi dal Gemelli».

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