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«Il marito dell'infermiera aveva la tbc»

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Lafrase tra virgolette è contenuta nell'esposto che il Codacons ha presentato in Procura. Secondo l'associazione il compagno di vita dell'infermiera di Neonatologia del Policlinico Gemelli, che ha scoperto di avere la tbc scatenando il richiamo di 1479 bambini che sono venuti a contatto con lei, si era ammalato sette anni fa. Il Policlinico si difende: «Alla direzione non è mai giunta né da parte della dipendente, cui è stata diagnosticata la tbc, né da parte delle autorità sanitarie competenti, segnalazione di patologia tubercolotica di cui sarebbe stato affetto un familiare dell'infermiera». Intanto, tra le righe dell'esposto, si ipotizza la «possibile negligenza e imperizia dell'Ente e del personale sanitario» del reparto di Neonatologia. «I sintomi della malattia - è scritto - sono notevolmente evidenti. Sarà necessario comprendere con quale procedura l'ospedale ha ritenuto l'infermiera idonea per le mansioni che le sono state affidate». L'associazione spiega che l'Ente era tenuto a monitorare periodicamente la condizione di salute della sua dipendente. E si scaglia anche contro il primario e la capo sala di Neonatologia che, vedendo le precarie condizioni di salute della donna, non l'hanno invitata a effettuare controlli medici. E ora, essendo l'infermiera al lavoro in quel reparto da due anni e mezzo, il Codacons ha chiesto di rendere pubblico il nome della donna e di controllare tutti i bimbi e gli adulti che sono venuti in contatto con lei. Follie, secondo il presidente della Commissione politiche sanitarie, Fernando Aiuti: «Le richieste del Condacons - ha spiegato - di pubblicizzare il nome dell'infermiera sono solo un tentativo di scatenare la caccia all'untore». Inoltre, «i tentativi di rintracciare eventuali persone venute a contatto con persone con infezione tbc attiva devono essere fatti su base scientifica e da professionisti, evitando divulgazioni di nomi. Non esistono nel mondo precedenti simili, a parte qualche raro Paese in regime dittatoriale che usa questi metodi atipici e inutili». L'esposto del Codacons non punta il dito solo contro il Policlinico, ma anche contro la Regione. «Altrettanto omissivo - scrivono gli avvocati - appare il comportamento della Regione Lazio che non ha proceduto al controllo oltre che dei bambini, anche delle mamme che hanno allattato quei bambini nello stesso nido, venendo a contatto con lo stesso rischio di morbo».Fab. Per.

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