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Alla Villa di Faonte il tragico epilogo del discusso imperatore

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.Era il 9 giugno del 68. Nerone era in fuga da Roma, l'impero gli aveva voltato le spalle e anche i suoi fedelissimi lo avevano abbandonato. La fine era vicina, ma per una personalità come la sua, capace di esclamare «qualis artifex pereo!» (quale artista muore con me!) un istante prima del trapasso, era un un pensiero impraticabile. Su Nerone storia, verità e leggenda si confondono in un'aurea di mistero che gli archeologi della Sorprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma stanno dipanando, lavorando sulle fonti, attraverso l'analisi dei luoghi e l'esplorazione del sottosuolo con l'ausilio degli speleologi di Roma Sotterranea perché ciò che l'Urbe nasconde "sotto" spesso rivela com'era "sopra". Su Nerone, ad esempio, la ricerca sulle ultime ore si sposta nella zona nord del Suburbio che un tempo faceva parte della campagna, oggi inglobata nella periferia. L'area è tra Vigne Nuove e Bufalotta, in via Passo del Turchino, dove un giardino pubblico ancora in embrione sarà destinato a diventare «parco archeologico» tra i nuovi palazzi di una città diventata sempre più grande, a testimoniare l'esistenza del luogo che Nerone vide per l'ultima volta: la villa di Faonte. Il liberto che aveva affrancato e presso il quale aveva cercato riparo. «Il condizionale è d'obbligo - anticipa il prof. Francesco di Gennaro responsabile per la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma - tuttavia Svetonio riferisce che Nerone fugge da Roma in preda ai tumulti. Si muove a cavallo lungo la Nomentana con alcuni pretoriani nascondendo il viso per non farsi riconoscere anche se un colpo di vento gli sposta il mantello scoprendogli il volto. Sappiamo ancora - prosegue l'esperto - che giunto tra il III e il IV miglio tra la Salaria e la Nomentana gira su un bivio secondario che porta alla villa suburbana di Faonte». I resti dell'antica cisterna romana e il reticolato di cunicoli idraulici sottostanti che si dipanano per decine di metri sotto i palazzi fino a via Cadibona, e forse oltre, raccontano l'esistenza in superficie di una villa agricola, ampia, dotata di un sistema di raccolta e di irrigazione delle acque di età imperiale. Forse proprio della Villa di Faonte. «Nei primi anni del '900 in quel luogo sorgerva il Casale Chiari - puntualizza l'archeologo - e la scoperta di una epigrafe funeraia col nome di Egloge, lo stesso nome della nutrice di Nerone, contribuì ad avvalorare l'ipotesi di lavoro sull'importanza storica del luogo». Ma c'è dell'altro. Grazie al lavoro conservativo in superficie di quel che resta, e quello esplorativo del sottosuolo da parte degli speleologi dell'associazione Roma Sotterranea guidati dall'ing. Ivano Stranieri, l'ipogeo realizzato da maestranze specializzate dell'epoca, ampliato in epoca più recente e destinato a cantina, pozzo o rifugio - corrisponderebbe al luogo dove i servi del liberto Faonte avrebbero accolto di nascosto l'imperatore per non esporlo a rischi ulteriori. «Quel 9 giugno di pioggia - prosegue nel racconto il prof di Gennaro - Nerone arrivò nella casa dell'ex schiavo probabilmente nel momento meno adatto. Forse c'era gente, Faonte non voleva mettere a repentaglio la sicurezza dell'imperatore e per questo lo fa accogliere furtivamente dai servi. Nell'attesa di sistemarlo come si conviene - prosegue Francesco di Gennaro - lo invitano a rifugiarsi nella cava d'arenaria (forse proprio quella accanto ai resti della Villa di Faonte). L'imperatore rifiuta con disprezzo e afferma che «Nerone non andrà mai sottoterra finché è vivo». Mentre è fuori dalla Villa beve acqua piovana, ma una volta entrato all'interno rifiuta il pane di vile fattura. Alla fine accede nella Villa del liberto Faonte, da un pertugio aperto nella recinzione, e attende notizie da Roma. Ma la situazione è perduta e in poche ore si conclude la vita e l'opera del divino Nero con il suicidio "assistito" di uno schiavo. Ecco, tutto questo che Svetonio e le fonti raccontano potrebbe esssere accaduto proprio qui, tra via Passo del Turchino e via della Villa di Faonte, dove un superbo cedro sovrasta e fa da collante ai resti di ciò che un tempo fu l'ultima villa dell'imperatore. (Fotoservizio Mezzelani Gmt)

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