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I sanitari non fanno test per la tubercolosi

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Parolad'ordine: niente allarmismi. Anche perché la situazione è completamente sotto controllo. Lo era pure prima che diventassero di pubblico dominio le notizie dell'infermiera di neonatologia del Gemnelli contagiata dalla tbc e del caso conclamato del Bambin Gesù. E siccome al momento, come ha sottolineato il presidente della Regione Renata Polverini «non è stato assolutamente accertato che il caso del Bambin Gesù sia riconducibile a quello dell'infermiera» sembrerebbero eccessive le richieste dell'ultima ora della necessità di intensificare i controlli sul personale sanitario. «Non è il caso di creare angosce - ha concluso Polverini - L'infermiera evidentemente non mostrava alcun sintomo. Quando ha avuto una leggera tosse, si è sottoposta ai controlli. Comunque parliamo di un qualcosa accaduto in un ambiente frequentato da tante persone». Medici e infermieri proprio per le peculiarità del loro mestiere, sono più esposti ai rischi di contagio quindi, comunque, i controlli all'interno degli ospedali non devono essere sottovalutati. Nel caso specifico della tbc giace al Senato un disegno di legge del Pd teso ad aggiornare i sistemi di controllo e prevenzione di questa subdola malattia. C'è anche da sottolineare che la diagnosi della tubercolosi non rientra nell'ambito dei controlli periodici che il personale degli ospedali, come lo stesso ospedale Gemelli, effettua. A confermarlo è Filippo Berloco, della direzione sanitaria del Gemelli che sottolinea, invece, che il personale è sottoposto a tutti i controlli previsti dalla normativa. «Ci sono dei controlli che vengono effettuati dai medici competenti - ha spiegato - e in questi di norma non sono inclusi accertamenti specifici per la eventuale diagnosi per l'infezione da tubercolosi. Anche perchè si tratterebbe di estendere a un numero molto elevato di persone controlli che in massima parte possono dare esiti non significativi». Sulla questione dell'infermiera del Gemelli positiva alla tbc e del presunto contagio a una neonata interviene anche Walter Ricciardi, Direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università Cattolica di Roma. «All'infermiere che lavora in ospedale è richiesta una buona condizione generale di salute e l'attenzione a tenere particolari comportamenti, come quello di lavarsi sempre le mani e indossare la mascherina. Salvo queste regole di carattere generale, quelle specifiche cambiano a seconda del reparto nel quale si esercita la propria attività». Andando nello specifico Ricciardi spiega che «in generale al momento dell'assunzione in ospedale in alcune strutture viene richiesta una vaccinazione antitubercolotica che però, seppur effettuata, non risulta essere completamente efficace nell'adulto. Ecco perché nel corso della vita professionale per non incorrere in un contagio è importante seguire delle norme igieniche che attengono al buon senso personale». Si potrebbe tornare all'antico, cioè al vaccino. Ma la strada è difficile. «In realtà - spiega Berloco - il vaccino è stato di fatto abrogato. E credo che al momento non sia neanche reperibile, se non con molte difficoltà e in ogni caso prima che si arrivasse alla decisione di ritirare l'obbligo di vaccinarsi, che fino a qualche anno fa era esteso a tutto il personale sanitario, c'erano diversi studi che avevano dimostrato come l'efficacia di questo vaccino fosse estremamente limitata».

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