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Cara sinistra guarda anche il tuo orticello

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Cosìle consigliere capitoline, Monica Cirinnà (Pd) e Maria Gemma Azuni (Sel) saluterebbero la nuova giunta Alemanno con quella che sembra una minaccia. «Da indiscrezioni appena apprese in aula veniamo a conoscenza dell'ipotesi di nominare vicesindaco l'assessora Belviso mantenendo come unica nuova entrata femminile quella di Rosella Sensi. Ancora una volta ribadiamo - dicono Cirinnà e Azuni - che la equa rappresentanza di genere prevista dall'articolo 5 dello Statuto del Comune di Roma va rispettata introducendo in giunta un numero congruo di donne. Non pensi il sindaco che una semplice promozione e un evidente cambio di peso politico dell'unica donna presente nella sua giunta possa salvarlo da nostri ulteriori ricorsi al Tar. Consigliamo al sindaco, visto che pare si consulterà con Berlusconi - hanno concluso - di trovare almeno un terzo nome femminile da presentare entro domani (oggi ndr)». Non è bastato dunque alle due consigliere vincere il ricorso al Tar e costringere il primo cittadino a un rimpasto forzato. Vogliono di più. Lecito, certamente, ma come tutte le cose non bisogna esagerare. Non solo per tre anni la giunta Alemanno ha contato due donne senza che nessuno proponesse alcun ricorso, ma a questo punto l'eroismo delle due consigliere capitoline (le uniche elette dall'opposizione) si dovrebbe estendere alle giunte municipali. Almeno, per dare il buon esempio, a quelle guidate dal centrosinistra. Vale a dire nei Municipi V, VI, VII e XV. Questo sarebbe un atto di importanza pari a quella della sentenza del Tar del Lazio. Se infatti Alemanno ha dovuto ammettere (e pagare il prezzo del suo vice) l'errore per volere dei giudici, inserire le quote rosa nelle giunte municipali a guida Pd sarebbe un segnale politico e culturale di pari livello. Cosa, tra l'altro, richiesta proprio ieri dalla Festa dell'Unità dall'eurodeputato Sassoli «50% di donne in tutte le giunte amministrate dal centrosinistra». Una sfida già vinta, ricordiamo, dalle giunte Veltroni e da quella di Zingaretti. Ma il problema della rappresentanza femminile non si può ridurre né alla volontà o sensibilità dei singoli né a un'imposizione per legge che svilisce il merito non tanto degli uomini quanto quello donne. Solo con una rivoluzione culturale infatti si potrà pensare a una donna ai posti di comando semplicemente perché capace e non perché donna. A quel punto forse l'Assemblea capitolina composta da 60 consiglieri vedrebbe più donne tra i suoi scranni. Se all'elezione comunale che ha visto uscente una delle giunte più rosa dei tutti i tempi, come quella di Veltroni, sono state elette in Consiglio comunale soltanto tre donne, significa che la presenza in giunta di gonne o pantaloni non è così determinante. Il problema c'è. La soluzione forse va cercata ben al di fuori dei tribunali. Sus. Nov.

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