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Il grande gioco del vecchio Enrico

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«ErSecco» è finito di nuovo nei guai. Lo pseudonimo ad Enrico Nicoletti glielo ha «regalato» Romanzo Criminale, liberamente ispirato alle gesta della famigerata Banda della Magliana. Ma nell'ambiente «reale» lui era conosciuto come Enrichetto. Ieri Nicoletti, 74 anni, è finito in manette con un'accusa pesante: associazione per delinquere finalizzata ai reati di truffa, usura, millantato credito, falso, riciclaggio e ricettazione. Ad eseguire l'ordinanza di custodia cautelare sono stati gli agenti della Mobile diretti da Vittorio Rizzi. L'inchiesta, che affonda le sue radici in un'altra indagine portata a termine sempre dalla squadra investigativa di San Vitale, ha ricostruito il ruolo centrale dell'arrestato nell'ambito di un'organizzazione criminale. La banda, millantando amicizie in ambienti forensi (avvocati e magistrati), truffava persone che volevano acquistare immobili oggetto di aste giudiziarie. Sempre secondo il capo d'imputazione, i proventi di quest'attività illecita erano destinati a lui e poi venivano nuovamente investiti in negozi e appartamenti, subendo così una «ripulitura» che cancellava la loro origine poco pulita. In cella è finito anche l'uomo considerato il braccio destro di Nicoletti, Alessio Monseller, 68 anni, arrestato dalle «fiamme gialle» del nucleo di polizia tributaria, che hanno anche eseguito una serie di accurati accertamenti patrimoniali nel suoi confronti. La tesi accusatoria sostenuta dal sostituto procuratore Elisabetta Ceniccola e dall'aggiunto Giancarlo Capaldo vede Monselles nelle vesti di factotum e trait d'union fra Enrichetto e gli altri membri dell'associazione. Era lui che intascava i guadagni e li consegnava al capo, sostengono i magistrati. L'operazione è in un certo senso un «seguito» di un blitz battezzato «Il gioco è fatto», portato a termine sempre dalla Mobile e coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia capitolina nel settembre 2010. Gli arresti di ieri ne rappresentano l'ultimo atto. In quell'occasione in manette finirono in undici, più o meno con le stesse accuse. Tra le persone perquisite, anche personaggi di spicco della Banda descritta nel romanzo di Giancarlo De Cataldo e della malavita organizzata romana e napoletana, nonché un avvocato e un commercialista accusati rispettivamente di millantato credito e di riciclaggio di denaro sporco. Vantando inesistenti amicizie in tribunale, i membri della gang propronevano affari d'oro grazie all'acquisto di case e auto di lusso a prezzi stracciati. Tra questi, addirittura l'ex villa dell'ex calciatore della Roma Cafù, il palazzo che ospita la Coin in via Cola di Rienzo e quello dove ha sede la stessa questura della Capitale, in via di San Vitale. Incassato l'assegno di anticipo, il «cliente» restava a mani vuote e si ritrovava senza i risparmi messi insieme con una vita di sacrifici. Approfondendo dal punto di vista patrimoniale la questione, lo scorso 2 luglio gli uomini della Divisione anticrimine della Questura hanno sequestrato beni per due milioni e mezzo di euro. Processato più volte (e alcune anche condannato) per usura ed estorsione, Enrichetto ha sempre negato la sua appartenenza alla Banda della Magliana. Anche se, secondo l'ex giudice istruttore Otello Lupacchini, che ha decapitato la Banda, per la sanguinaria organizzazione lui era «come una banca», svolgendo «un'attività di depositi e prestiti, che moltiplicava con una serie di operazioni di oculato reinvestimento».

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