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Le ultime parole di Alemanno

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Gianni Alemanno

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Alemanno giovedì sera aveva esultato: «Con la revoca dello sciopero abbiamo impedito di mettere in ginocchio la città». La mattina dopo la città era paralizzata. Lo sciopero è tutt'altro che saltato. L'accordo raggiunto tra l'assessore Aurigemma e i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal non ha evitato che le due linee della metropolitana restassero chiuse praticamente per tutta la giornata (eccetto tre ore dalle 17 alle 20). Sono bastate le sigle autonome Usb, Sult e Orsa a far sbarrare i cancelli delle fermate della metro. Allora, cosa non ha funzionato? Perché la previsione di una giornata tranquilla si è rivelata un incubo? Le possibilità sono due: o i lavoratori non seguono cosa decidono i loro rappresentanti o non sono stati informati. La verità molto probabilmente sta nel mezzo. Bastava fare un giro nella metro poco prima delle 8 (quando lo sciopero è cominciato) per capire cosa pensavano macchinisti e operatori dell'Atac ieri mattina. «Siamo iscritti alla Cgil - spiegano alcuni lavoratori - non sappiamo quale accordo hanno firmato e perché. Nessuno ce lo ha detto». Ed è proprio qui il problema. La maggior parte non sapeva niente della revoca dello sciopero. E chi lo sapeva non ne conosceva il motivo. L'accordo col Campidoglio, infatti, è stato firmato solo all'ora di cena di giovedì. Troppo tardi. In molti erano già andati a casa. Solo allora è iniziato un tam-tam via e-mail o sms. Ma è servito a poco. Cgil e Cisl se la prendono con la mancanza di tempestività da parte del Campidoglio. Il segretario generale della Fit-Cisl Roma e Lazio, Maurizio Marozzi, allarga le braccia: «L'accordo andava firmato prima. Non abbiamo fatto in tempo a dirlo a tutti i lavoratori». Insomma, il passa-parola non ha funzionato. Lo ammette anche il segretario della Filt-Cgil Roma e Lazio, Alessandro Capitani: «Potevano chiamarci un po' prima». Ma il motivo del ritardo è semplice. Il vertice tra Campidoglio e sindacati di giovedì sera è stato indetto quasi esclusivamente per un motivo: impedire un'altra giornata da incubo dopo l'incidente al distributore su viale Marconi che ha fatto fermare la metro B e la Roma-Lido. Se non ci si fosse mossi sull'onda di un incidente, ma su una previsione azzeccata, la metro forse ieri avrebbe funzionato. Ma non è detto. Nella metropolitana, infatti, bastano anche pochi lavoratori fuori servizio per costringere i treni a fermarsi. Senza contare che molti iscritti ai sindacati principali si sono alleati con quelli di base. Non poteva che essere trionfalistico il commento di Valter Sforzini, responsabile trasporti di Roma dell'Usb: «I lavoratori sono con noi». Eppure l'accordo sottoscritto col Campidoglio da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal avrebbe dovuto rasserenare gli animi. Infatti, è stato deciso che il Comune non privatizzerà il trasporto pubblico per cinque anni. «Abbiamo scampato il pericolo che veniva dalla delibera di giunta di privatizzare il 40% di Atac», ha spiegato Capitani. Si vede che queste rassicurazioni ai lavoratori non sono bastate. Marozzi della Cisl spiega che il problema è anche un altro: «Il nostro sciopero sarebbe stato nei confronti di Atac. Le Usb invece scioperavano per il rinnovo contrattuale. Due scioperi con motivazioni diverse che coincidevano». Ed ecco il paradosso. Il 31 marzo e il 1° aprile è stato indetto un altro sciopero, quello nazionale del trasporto pubblico locale e ferroviario. Il motivo? Il rinnovo contrattuale. Lo stesso motivo per cui le Usb si sono fermate ieri. I sindacati si dividono. Ma si sciopera sempre. E i romani restano in strada.

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