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Un triangolo amoroso nella cornice africana

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Etutti e due sono medici. Il primo, però, è così attaccato ai soldi che ha montato persino una grossa truffa, l'altro, al contrario, è così dedito alla propria missione che, disinteressato e generoso, è andato in Africa a curare gratuitamente gli indigeni in ospedali da campo. Hanno in comune qualcosa nel loro passato, Ginevra, che Luca amava e che invece ha sposato Mario. Ecco però che proprio Ginevra, una volta partito a sua volta Mario per l'Africa, lo raggiunge pur sapendo che la sua permanenza lì - anzi la sua fuga - è motivata solo dalla necessità di sottrarsi alle conseguenze giudiziarie della truffa. Da qui il resto, che prima documenta in modo cronistico la vita di Luca in ospedale in quotidiano contatto con malati di ogni sorta, poi si sofferma un po' a descrivere Mario del tutto a disagio in quell'ambiente di cui si sorvola per un po' sulle ragioni che l'hanno indotto a finirvi in mezzo; per chiudere con una conclusione quasi rocambolesca in cui non si distinguono più i truffatori dai truffati, cambiando in fretta nel finale tutte le carte in tavola. Il gioco, sempre però con accenti seri, l'ha portato avanti fino al momento di tirare quasi beffardamente le somme, Lucio Pellegrini che, nel cinema italiano, qualche film di un certo interesse l'ha proposto, specialmente "Ora o mai più", sui tragici fatti del G8 a Genova e, di recente, "I figli delle stelle", un grottesco sul sequestro di un piccolo politico. Qui ha mescolato troppi temi, la cornice africana, pur preponderante, non ha vere necessità narrative (un'altra, altrove, sarebbe andata bene egualmente) e quel finale dall'aria furba (e ammiccante) stona un po', come cifre, con il resto, ma gli interpreti vincono ugualmente la partita. Sia Stefano Accorsi, nella iniziale dedizione di Luca, sia Pierfrancesco Favino nella disonestà di Mario, con riferimenti scoperti alle commedie all'italiana d'una volta. Dà loro la replica con disinvolta simpatia Vittoria Puccini nelle vesti di Ginevra.

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