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Sindaco contro giudici

I genitori dei bimbi rom morti carbonizzati nel campo abusivo di via Appia Nuova

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Alemanno insiste. «Non si possono lasciare i bambini rom in una situazione di abbandono - dice il sindaco di Roma dopo la tragedia dei quattro minorenni arsi vivi a Tor Fiscale - noi offriamo assistenza alle famiglie, ma se viene rifiutata è bene che il tribunale dei minori accompagni la nostra azione andando incontro alle esigenze dei bimbi. Spesso, invece, favorisce la famiglia e si dimentica dei minori che vivono purtroppo in condizioni drammatiche», spiega il primo cittadino. L'«accusa», neanche tanto tra le righe, rivolta ai giudici è di occuparsi solo di casi di maltrattamento e sfruttamento e di tralasciare le condizioni di vita precarie, degradate e insalubri dei piccoli che vivono in roulottes e baraccopoli. Ma è mai arrivata al Tribunale presieduto da Melita Cavallo la segnalazione riguardante la famiglia di Mircea Erdei e Elena Moldovan? La risposta è negativa. Nessuno ha fatto presente alla struttura in via dei Bresciani che le quattro vittime vivevano in uno stato di pericolo e di degrado. O, almeno, ai giudici non risulta. La procedura, infatti, è la seguente: i servizi sociali o le forze dell'ordine segnalano situazioni del genere alla Procura, che a sua volta invia gli atti al tribunale dei minori. Quest'ultimo, verificata la denuncia, decide se aprire un procedimento che può condurre alla perdita della patria potestà dei genitori e alla sottrazione dei piccoli al nucleo familiare. Tutto ciò, invece, non è avvenuto. O perché la catena si è fermata prima della Procura o perché i magistrati di piazzale Clodio non hanno ritenuto opportuno comunicare il caso ai loro colleghi.   Al Tribunale arrivano decine di segnalazioni ogni mese, spesso per bambini costretti all'accattonaggio ai semafori ma anche quando abitano in tende o favelas di legno e cartone. Ma in questi casi che possono fare i giudici? «Non è che noi ci disinteressiamo di queste vicende - spiega Melita Cavallo - Ma non possiamo dare un lavoro e una casa a chi non ce l'ha. È compito degli enti territoriali. È il Comune che deve provvedere a verificare se i minorenni vengono vaccinati, vanno a scuola e se vivono decorosamente». Sembra, tuttavia, che il Campidoglio non segnali il rifiuto dell'assistenza se c'è solo un probema di abitazioni inadatte, perché il Tribunale interviene soltanto in casi più gravi. «Non è proprio così - replica il presidente Cavallo - E poi togliere i figli ai genitori non è una soluzione, specialmente se c'è affetto, rispetto e non vengono maltrattati. È un'altra storia se, come è capitato, nel campo si bruciano i libri di scuola per fare il fuoco o se sono così sporchi da avere i pidocchi o la scabbia. Allora interveniamo, eccome! La realtà, però, è che nei campi spesso questi bimbi vengono lasciati soli». Se le condizioni di vita dei rom minorenni oltrepassano una certa soglia è necessario, inoltre, che la segnalazione sia «puntuale, dettagliata, esplicativa». Davanti al rifiuto di assistenza, il Tribunale convoca i genitori (accompagnati dai carabinieri se non accolgono spontaneamente l'«invito») e spiega loro quali sono i diritti dei figli, proponendogli o obbligandoli a far passare ai bimbi un periodo in una casa-famiglia. «Ma tutto ciò - precisa Cavallo - non si può fare con mille o duemila minori.   Ci vorrebbero cento giudici e noi già abbiamo un flusso annuale di circa diecimila fascicoli. Ripeto, spetta ai Municipi e al Comune parcellizzare tali interventi». D'altra parte, in casi estremi, il Tribunale è intervenuto. «Tre-quattro anni fa un piccolo alloggiato in una baracca fatiscente, in stato di deprivazione e di estrema povertà - racconta il presidente Cavallo - è stato tolto alla mamma e affidato a una famiglia italiana. Oggi il ragazzo continua a mantenere rapporti con la madre, che ancora vive nella stessa catapecchia».

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