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Ufficio pubblico per uso privato

Orsi

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Francesco Maria Orsi, il consigliere Pdl indagato per riciclaggio, corruzione e cessione di sostanze stupefacenti, utilizzava gli uffici pubblici per le attività della sua associazione «siAmo Roma». In via Petroselli 45 c'è un immobile del Comune. A inizio del 2009, ancora non assegnate ad alcuna attività, le mura sono gestite dal Dipartimento del patrimonio e della casa. Fino a quando il Dipartimento decide di assegnarle al Gabinetto del sindaco. Pochi giorni dopo viene protocollata una delibera. È la numero 86 del 28 agosto del 2009. Nel documento il Gabinetto di Alemanno assegna quell'immobile, composto da due stanze, al delegato del sindaco per l'Expo di Shanghai (che poi è anche il delegato al Decoro urbano): Francesco Maria Orsi. Da quei locali il consigliere venuto dal mondo dell'immobiliare e assicurativo, eletto al secondo turno grazie al premio di maggioranza, gestisce la sua attività di delegato. Parallelamente cerca un posto dove appoggiare documenti e computer della sua associazione «siAmo Roma». Prova a chiedere all'allora assessore alla Cultura Umberto Croppi una prestigiosa torretta dentro Villa Borghese. Ma Croppi non considera neppure la proposta. È a quel punto che deciderebbe di portare la sede dell'associazione dentro gli uffici di via Petroselli 45. Anche sul sito internet www.siamoroma.francescomariaorsi.net è tutto alla luce del giorno: via Petroselli è il quartier generale dell'associazione. E l'affitto sarebbe davvero agevolato: 58 euro al mese. E intanto sul fronte delle indagini prosegue il lavoro del pm Paolo Ielo che ha aperto l'inchiesta a carico del consigliere comunale dopo aver ascoltato le confessioni di Vincenzo Lamusta. Confessioni che raccontavano di festini con prostitute, droga e soldi riciclati. Ieri la Procura ha incaricato gli uomini della Guardia di finanza di rintracciare e identificare le donne che avrebbero preso parte alle presunte serate bollenti. Chi invece ha già tratto le prime conclusioni sul caso-Orsi è il Comune. Le indagini del Campidoglio si sono incentrate sul ruolo di delegato all'Expo. Il consigliere avrebbe commissionato spese per 500 mila euro a ditte private in cambio di numerosi servizi, dalla logistica alla creazione di un sito internet (la società più impegnata nel progetto cinese si chiama Exen). Il pagamento delle prestazioni sarebbe dovuto avvenire post evento, ma al momento di staccare gli assegni il commissario straordinario del governo per l'Expo 2010 ha fermato tutti: altolà, nessuno metta mano al portafogli. Così l'avvocatura comunale e il Gabinetto del sindaco ieri hanno tirato il bilancio dell'inchiesta interna: «Dagli elementi emersi e dai colloqui effettuati, è risultato che il delegato all'Expo 2010, Francesco Maria Orsi, si è relazionato con il Commissario per l'Esposizione Beniamino Quintieri, con l'Ice, con la Camera di commercio di Roma e con le altre realtà interessate alla missione in Cina, in virtù dell'incarico ricevuto. Orsi ha agito in piena autonomia nella scelta delle aziende per la realizzazione della settimana, confrontandosi, come da lui dichiarato, con il Commissario generale. Nessun atto né formale, né sostanziale è stato quindi posto in essere da parte dell'amministrazione capitolina nei confronti delle aziende contattate per l'Expo». Insomma, il Campidoglio con un guizzo lascia solo Orsi. Che ieri ha tenuto a precisare che non accetterà nuove deleghe: «Voglio evitare strumentalizzazioni politiche. Finché non avrò in mano le carte processuali per difendermi non voglio esercitare alcuna forma di potere diversa da quella che mi deriva dall'investitura popolare».

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