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Resa dei conti dopo il polverone

Il sindaco di Roma Gianni Alemanno

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È arrivata anche ieri, puntuale, la nota del capogruppo Pd in Campidoglio, Umberto Marroni che richiede le dimissioni degli assessori Marchi e De Lillo. E, ancora, Alemanno ha chiarito: «Se alcuni assessori sono coinvolti in assunzioni illegali in Atac o Ama verranno mandati via». Un'interrogazione del consigliere capitolino Pd, Athos De Luca chiede poi, finalmente, una verifica sugli appalti delle manutenzioni Atac. Peccato però che la richiesta sia limitata agli ultimi due anni. Poche comunque le novità su «parentopoli», che sta lasciando sempre più spazio alle inchieste giudiziarie e ai risvolti politici della vicenda, e meno al gossip su figli, mogli, fidanzate, amici di amici. Lo sguardo ora lascerà quell'elenco di nomi per puntare sulla svolta politica di ieri. A fare il collegamento tra la fiducia al governo Berlusconi e la parentopoli romana è stato il segretario romano del Pd, Miccoli: «Alemanno e Berlusconi sono legati a doppio filo nel loro vergognoso e scandaloso modo di governare e comprare il consenso».  Legati a doppio filo, appunto. Ecco allora che presto ci sarà il risvolto politico, quella resa dei conti necessaria non tanto (o non solo) per vendetta, quanto per ripartire. Per dare quella svolta ormai improcastinabile. Che si tratti delle dimissioni di uno o più assessori (a proposito, cosa farà adesso il finiano Croppi?), dell'ingresso de La Destra nella giunta, della ricerca di nuovi equilibri all'interno del Pdl si vedrà tra poco. Ma la resa dei conti non si ferma in Campidoglio. All'interno delle aziende capitoline coinvolte nello scandalo di parentopoli la caccia al traditore andrà avanti e, forse anche meglio, a sipario calato. E in questo caso il legame politico tra Alemanno e Berlusconi c'entra ben poco. Risvolti politici dunque. A tenere banco sono ora le due lettere inviate dall'assessore capitolino al Bilancio, Maurizio Leo, una alla fine del 2009 e l'altra nel marzo 2010. Le lettere, inviate alle partecipate del Campidoglio, invitavano a ridurre o addirittura bloccare le assunzioni in presenza di budget non compatibili con una politica espansiva. Le lettere, per dovere di cronaca, non erano e non potevano essere vincolanti, nel rispetto dell'autonomia statutaria delle stesse società. La comunicazione di Leo di marzo fu poi inviata in concomitanza con l'approvazione in giunta della delibera di governance che prevede norme sui meccanismi di selezione e controllo diretto sul personale quella, per intenderci, bloccata in Consiglio da settembre. Una missiva coerente non solo con la riforma del cosiddetto Gruppo Roma faticosamente elaborata e iniziata ad attuare da Leo ma anche con la nota dei revisori dei conti che a fine 2009 evidenziava (ancora) la situazione critica di Atac. Un punto, questo delle lettere, politicamente tutto da chiarire. Perché il management di Atac non ha seguito l'indirizzo della giunta? La risposta è contenuta probabilmente nelle dimissioni fortemente volute da Alemanno, dell'ex amministratore delegato, Adalberto Bertucci.

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