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OSTIA Non vogliono proprio che le concessioni demaniali vadano all'asta

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«Noncerto perché gli stabilimenti li gestiamo noi ma perché il comparto balneare traina il turismo in Italia e migliaia di lavoratori resteranno disoccupati, soltanto nel Lazio», spiega Fabrizio Fumagalli, presidente del Sib che, insieme alla Fiba, ha organizzato il meeting «Le Imprese balneari del Lazio vanno al rinnovo con procedure di evidenza pubblica?». Da Anzio, Sperlonga, Tarquinia, Fiumicino, Nettuno e Gaeta ottocento gestori di stabilimenti invaderanno domani il lungomare di Ostia. Per protestare contro «la messa all'asta delle concessioni a partire dal 2015 che potrebbe aprire le spiagge all'assalto della criminalità organizzata che può fare offerte al rialzo all'infinito avendo milioni e milioni da investire» ma anche «per trovare, insieme alla Regione Lazio, un'accordo che salvaguardi le aziende» se all'incanto si dovrà andare per forza. Il 40 per cento dei ventottomila impianti italiani rischia di non sopravvivere alla rivoluzione chiesta dall'Unione europea. Nel Lazio quattrocento potrebbero chiudere i battenti. Quasi tutti gli stabilimenti sono aziende familiari con una manciata di dipendenti: bagnini, camerieri, barman, addetti alle pulizie. Se il vecchio titolare non riuscirà a riconquistare all'incanto la licenza per l'esercizio dell'attività balneare sul Demanio marittimo, saranno loro a restare per strada. E così al centro della discussione ci sarà la richiesta di inserire tra le nuove clausole per il passaggio delle concessioni anche l'obbligo per chi compra di rilevare il personale in un settore che registra 112 milioni di turisti l'anno.

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