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Acea e Ama verso la fusione

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Il sindaco Alemanno ai aunla per il piano Acea

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Acea e Ama. Le aziende di Roma. Acqua, luce, pulizia. È su di loro che si concentra la rivoluzione del terzo millennio. Quella che obbliga agli enti pubblici a scendere sotto il 30% di quote di partecipazione. Uno choc culturale prima ancora che economico con il quale però occorre fare i conti. Così, nonostante la delibera sulla «maxi holding» capitolina che prevede un ridemensionamento delle circa 80 aziende comunali senza precedenti, stia per approdare in Consiglio comunale, è su Acea, così come su Ama, che si concentra maggiormente l'attenzione della politica e dell'opinione pubblica. Se da una parte le parole del sindaco Alemanno a margine dell'audizione alla commissione parlamentare d'inchiesta sull'Ecomafia sembrano un fulmine a ciel sereno («nel 2011 sarà fatta la gara per vendere il 40% di Ama») dall'altra si comprende bene come il futuro è tutto lì. Non solo l'obbligo del decreto Ronchi, oggetto comunque di revisione, ma una difficoltà oggettiva per gli enti locali a "mantenere" aziende di servizi che devono oggi competere con colossi mondiali. La linea scelta da Alemanno è chiara. Meglio vendere ai "nostri" privati che far cannibalizzare le aziende dalle multinazionali.   Una linea ribadita ieri durante il Consiglio straordinario dell'Assemblea capitolina proprio su Acea, voluto dall'opposizione. Clima teso, con proteste in piazza contro lo spauracchio di 1.200 esuberi, ma costruttivo. Sono stati infatti approvati importanti ordini del giorno, anche dell'opposizione, come ad esempio quello per la costituzione di una società unica pubblico-privato per la gestione di tutti gli impianti di trattamento dei rifiuti e quello per «attivarsi presso il Parlamento ed il governo per la creazione di una Authority nazionale per l'acqua, al fine di sottoporre al soggetto pubblico il controllo e la regolazione». Alemanno poi ha rassicurato: «Riguardo al futuro delle quote in mano al Comune di Roma voglio essere chiaro: alla luce della evoluzione del quadro normativo (presentazione di due ricorsi pendenti presso la Corte Costituzionale) e alla luce della complessità delle operazioni disposte dal cosiddetto decreto Ronchi, il Comune sta proseguendo gli studi necessari a una corretta analisi della situazione. Su una cosa sicuramente non derogheremo: le azioni di Acea non saranno mai vendute per fare cassa. Tutte le scelte saranno compiute in un'ottica di rafforzamento della capacità di Acea di produrre servizi migliori a prezzi più bassi per i propri utenti cittadini. Non appena in base all'evoluzione del quadro normativo e alle nostre analisi finanziarie ed industriali avremo maturato un orientamento riferiremo all'Assemblea capitolina e alla cittadinanza senza nessuna fuga in avanti». Se per la normativa e dunque sulla quota di partecipazione del Comune nelle aziende di servizio si può prendere tempo, la strada per consolidare casse e bilanci di Ama e Acea deve essere intrapresa subito. E la chiave di volta è non solo nel gas (la gara verrà bandita nel 2011) ma soprattutto nei rifiuti. «Il pubblico deve entrare a tutti i costi nello smaltimento dei rifiuti - ha detto Alemanno - c'è una volontà da parte del Campidoglio di agevolare l'ingresso di Ama e Acea nella fase dello smaltimento». L'ingresso del pubblico nella gestione delle discariche e degli impianti, avrebbe una doppia funzione: da un lato mantenere la governance pubblica nel business, dall'altro abbassare i costi per le aziende municipalizzate e quindi per i cittadini.  

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