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«Nacquimo italiani» Il mio omaggio a Totò

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Araccontare l'esperienza di questo spettacolo, scritto e interpretato insieme a Maurizio Micheli, è un'icona della comicità come Tullio Solenghi. Perché avete scelto una battuta di Totò come titolo? «La struttura dello spettacolo è un omaggio alla rivista e al teatro di varietà. Vogliamo celebrare a modo nostro l'Unità d'Italia. Ripercorriamo la storia per arrivare poi a Garibaldi e a Vittorio Emanuele. Le loro statue si materializzano e così scoprono che l'Italia non solo è disunita, ma sta addirittura diventando federale». Come ne esce lo spirito italico? «Osserviamo con la lente d'ingrandimento l'italianità attraverso i secoli. Partiamo da Adamo ed Eva, fingendo che fossero già italiani, per dimostrare il maschilismo tutto nostrano. In epoca romana ci sono poi due cristiani sull'orlo del martirio e un senatore che evita lo sbranamento dei leoni perché ha l'immunità. Colombo, poi, scopre un Nuovo Mondo già colonizzato dagli Italiani e lo scarso valore attribuito alla cultura nel bel Paese convince Leonardo da Vinci a optare per una carriera di stilista per avere maggiore considerazione, mentre i veri artisti dei nostri tempi per i posteri saranno i curatori d'immagine». Cosa piace di più al pubblico? «Ogni regione ha le sue preferenze. Casanova colpisce in Veneto e Friuli. Leopardi ha spopolato nelle Marche grazie al dialetto parlato da Micheli. A Genova, Torino, Milano e Catania, la platea si è rivelata entusiasta». Quale augurio rivolge all'Italia per il suo futuro? «C'è del buono fra noi, anche se abbiamo poco l'idea di nazione che non vuol dire essere sciovinisti o razzisti, ma mostrare cura e rispetto per il patrimonio culturale e per il bene pubblico».

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