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Un genitore su dieci capofamiglia di se stesso

Annunci di case in affitto (Foto GMT)

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Sono un milione 323 mila 208 «l'insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune». Vale a dire, le famiglie romane secondo la definizione adottata per il censimento Istat. E già perché nel terzo millennio anche solo definire il concetto di famiglia presenta più di una difficoltà. Rispetto all'articolo 29 della Costituzione, scritto 62 anni fa, che riconosce «i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» e alla stessa riforma del 1975, i servizi offerti dalle amministrazioni locali, fortunatamente, sono molto più avanti. La Capitale in questo può fare da apripista non solo con il nuovo Piano Regolatore Sociale, le cui linee guida sono state presentate appena due giorni fa, ma anche con l'introduzione del Quoziente familiare, ribattezzato non a caso «Quoziente Roma», ovvero un coefficiente algebrico per modulare tariffe e tributi in base al carico familiare. Ma come sono le famiglie romane, quali cambiamenti, quali esigenze? Che la famiglia con coniugi con uno o più figli, non rappresenti più quella «tipo» è ormai confermato dai dati statistici degli ultimi anni: i nuclei composti da coppie con o senza figli, o monogenitoriali sono 600.916. Solo due famiglie su dieci hanno figli minori. Di queste il 44,82% sono coppie con figli, il 28,81% è composto invece da un solo genitore, pari a 210 mila persone, il 49,8% di queste ha figli minori. Un dato importante considerando che l'assessorato capitolino alle Politiche sociali, alla voce dei servizi alle famiglie segna 24 mila persone, di cui 23 mila minori per una spesa complessiva di circa 70 milioni di euro. Solo per completare il quadro, le famiglie romane composte da una sola persona sono 565.939, nel 35,47% dei casi si tratta di anziani. Una fotografia importante questa, per comprendere come e quanto stia cambiando la società e adattare di conseguenza i servizi. Se da una parte infatti si contrae la famiglia «tipo», dall'altra si allarga quella in difficoltà.   Escludendo gli anziani, le famiglie più a rischio sono quelle composte da un solo genitore, soprattutto se donna e questo riguarda il 75,8% delle famiglie monogenitoriali, considerate a rischio per il reddito instabile o comunque inferiore rispetto a quello del genitore uomo. Non solo, nel caso di separazioni, la fragilità sociale del minore aumenta laddove si riscontrano forti controversie di coppia. Non a caso, il 2009 (ultimo dato disponibile) segna un aumento del 13% degli affidamenti dei minori ai servizi sociali rispetto al 2007. Diverse le tipologie di assistenza offerte dal Comune, si va da quelli residenziali (compresi i centri di pronta accoglienza e dei nuclei madre-bambino) all'assistenza scolastica. Diversi i progetti in cantiere per migliorare e implementare i servizi in base alle esigenze delle «nuove» famiglie. Uno dei primi punti da attuare, tuttavia sarebbe quello di accorpare in un unico assessorato le competenze su famiglia e minori, attualmente divise. Partire da qui per avviare anche (o soprattutto) una politica culturale sul rispetto della famiglia e dei minori e andare così oltre l'assistenza che, seppure essenziale, resta squisitamente fine a se stessa.

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