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Niente soldi. Disabile senza cure

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Monterotondo Il Comune non ha più risorse per finanziare la sua assistenza

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Nonpuò esprimersi bene, non riesce a coordinare i movimenti. Oggi ha 23 anni, ma da quando non ne aveva neppure uno, il suo cervelletto è stato colpito da un'Atassia cerebellare: mai individuata la causa. Serena non può più andare al centro diurno di Monterotondo, struttura intercomunale per terapie speciali: il Comune di Fonte Nuova che finanziava il tutto, non ha risorse. A dicembre la ragazza perderà pure la terapia neuromotoria. «La Asl ha detto che per la sua età deve essere seguita in un centro per adulti che qui non c'è - racconta con amarezza il papà, Mario Vattiato, poliziotto in pensione, presidente della locale associazione famiglie con disabili - Adesso Serena è come fosse agli arresti domiciliari con l'obbligo di permanenza in casa, in attesa di una telefonata». La terapia relazionale seguita per cinque anni dalla giovane, è stata prima interrotta lo scorso dicembre e ripresa dopo un esposto del padre. Dopo le ferie estive, a settembre, Serena è stata di nuovo esclusa. Il Centro aveva già 30 assistiti in convenzione con fondi in parte dai piani di zona e quindi dalla Regione, il resto dai Comuni. La giovane, vista l'urgenza, era entrata in regime di extra-convenzione con soldi messi dal Comune di Fonte Nuova. Adesso il sindaco Graziano Di Buò e il suo assessore ai Servizi sociali, Antonio Coccaro, vogliono trovare risorse e porre il caso in convenzione fissa. «Poco dopo la nascita di Serena ho avuto sospetti che ci fosse qualcosa che non andava in mia figlia - dice Rosanna, mamma di Serena, originaria di Enna – Dopo l'ennesima visita, una specialista mi annunciò altri esami. Fummo chiamati al Bambino Gesù di Roma. Non appena arrivai lì, vidi tutti quei bambini malati e sono caduta come in trance: volevo credere di essere in un albergo, non ci stavo. Quando il medico mi disse, "signora, non è un tumore", sono tornata di botto alla realtà. Iniziò il calvario». Serena si ammalava spesso e a scuola, negli anni, era seguita poco, «nel 2004, all'istituto di via Brennero era in terza media – racconta il papà - Andai a prenderla, tutti uscirono ma lei non c'era: l'avevano abbandonata in classe, lasciata lì come una bambola vecchia». Mamma Rosanna ha le lacrime agli occhi: «Mi sono sempre sentita in colpa. Prima mi dissero che il male poteva risalire a un problema nella gestazione, poi alla prima vaccinazione. Nessuno ha mai individuato la vera causa, o voluto dirmelo. Adesso che Serena non va al Centro, si alza tardi, fa colazione, legge giornaletti, sa tante cose, sente i telegiornali, ma non va. Deve vedere dei coetanei. Stava bene con loro a Monterotondo, voleva mettersi la minigonna, farsi il piercing. Deve ritornare al mondo, trovare stimoli. Vuole vivere».

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